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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Reality

di michemar
8 stelle

Matteo Garrone parla per metafore. Lo ha fatto sempre perché i suoi film sono metafore della società italiana e non solo, avendo, come afferma anche il suo apprezzato collega d’oltralpe Jacques Audiard, le sue opere una valenza europea. Anche questa volta, traendo spunto da una storia vera e dal rimbambimento dei cervelli davanti ai teleschermi con i suoi innumerevoli canali, ci narra le vicende di una famiglia tipica italiana soggiogata da quel terribile elettrodomestico, metafora appunto del modo di vivere subìto come telespettatore e del mondo della società attuale.

A me il film è sembrato anche una ironica risposta ad un ex-presidente del consiglio che lo aveva criticato all’uscita di “Gomorra”, giudicato dal politico inidoneo a dipingere l’Italia all’estero in quanto ne mostrava solo una rappresentazione negativa: stavolta la trama ci narra di un’Italia soggiogata totalmente e platealmente da giochi stupidi per un popolo instupidito. Mi è sembrato (ma Garrone non ne aveva le intenzioni sicuramente) di leggere una risposta: io ho fatto un film sull’Italia peggiore? Adesso ne faccio uno sulla televisione peggiore. Ma forse questa è solo la percezione che ho avuto io.

La scena iniziale comunque mi conferma questa impressione. Difatti nella festa di un matrimonio ecco carrozza dorata, cavalli bianchi, abiti sfavillanti (!), festa con tanto di ospite del grande fratello (scusate, ma faccio fatica a metterci le maiuscole); poi centro commerciale con mille luci, tempio moderno del consumismo moderno. Il tutto in contrapposizione con abitazioni fatiscenti, con pareti screpolate, macchie di umidità, in un palazzo settecentesco che pare venga direttamente dai presepi napoletani. E’ in questa contrapposizione che si dipana anche la trama, dove il reale e la vita ordinaria fanno da contrasto con il sogno di una vita più bella e agiata, senza problemi di denaro. Le illusioni della tv forse possono uscire dallo schermo ed entrare in casa nostra, materializzandosi in notorietà, successo, soldi. E allora il reale si confonde con l’irreale, anzi la realtà viene surclassata e superata: negli occhi e nella mente c’è solo il successo, il sorriso e gli applausi dei fans. Le giacche con le paillettes, la supercar e l’elicottero. Dov’è il confine tra la realtà e l’immaginario sognato dai nostri desideri?

Tutto ciò arriva piano piano, perché come dice il protagonista “Ci credo, ci credo sempre di più”. Il demone della selezione e della partecipazione al grande fratello si impossessa progressivamente della mente di Luciano (un grande Aniello Arena) fino a renderlo un automa, che vede l’occhio della tv dappertutto, anche tramite sconosciuti che incontra o che si recano presso la sua attività di pescivendolo. Qui troviamo il suo primo e naturale palcoscenico: la pescheria è già a forma di teatro e lui “recita” su quel palco la vendita e le ricette. In realtà lui è uno predisposto alla recitazione e alla improvvisazione scenica e fra i suoi clienti, amici e parenti è già un istrionesco intrattenitore. A ciò si aggiunge la pressante passione dei suoi figli per il famoso reality che lo porta a provare ad essere selezionato prima timidamente e poi sempre più animosamente. Nella più totale balìa di questa fissazione, intravede in un grillo saltato in casa sua una ulteriore prova che la televisione lo spii per valutarne le capacità di bucare lo schermo; invece quel grillo ricorda per contrapposizione quello tanto amato della storia di Pinocchio: è lì in casa sua per riportarlo con i piedi a terra e invece lui interpreta l’episodio sempre come un segno del destino che lo aspetta famoso e applaudito. Anche qui il grillo non deve aver fatto una bella fine… Ormai l’Idea ha preso possesso definitivamente della sua mente: è come Alien, una volta dentro sei suo e non ti salva più nessuno, al massimo ne partorisci un altro.

La realtà è quindi reality? E i reality che trasmettono sono ormai realtà? quando i telespettatori ormai sono lì davanti agli schermi a guardare dallo spioncino dell’obiettivo della telecamera si sentono “dentro” quelle stanze? Partecipano anima e corpo ai litigi e alle scene erotiche di quei ragazzi? Io credo un po’ di sì.

 

Matteo Garrone ha realizzato un’opera molto bella ed efficace, ha denudato il Re che si chiama Televisione e ha guidato magnificamente un gruppo di attori-non attori, così spontanei che sembrano personaggi di un documentario sull’attualità. Con quelle espressioni e quei dialoghi sembra di essere catapultati in un ambiente degno del grande Eduardo e delle sue situazioni non solo partenopee, ma globali.

Aniello Arena, noto attore-carcerato è superlativo e la sua spalla Nando Paone (Michele) è da premio. Ma bravissimi tutti.

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