Regia di Adam Wingard vedi scheda film
Presentato al Toronto film festival nel 2011 e in altre manifestazioni minori in giro per il mondo, You’re next ha trovato la strada per venire a bussare anche alle porte delle nostre finte sicurezze spalancandole/sfasciandole con facilità estrema, segno evidente che tanto solide e concrete le nostre sicurezze non sono. Pellicola potente che in punta di piedi e un po’ in sordina si palesa alla nostra attenzione, non proprio ai livelli di guardia, e ci invita a seguirla, silenziosa e persuasiva, per poi invadere lo sguardo, prepotentemente, insinuandosi sotto la pelle come un demone furioso ed indomabile che lascia un segno indelebile del suo passaggio. Sulla falsa riga di opere recenti del filone ‘home invasion’ (Them, The strangers), You’re next è libero (o comunque non fortemente legato) da sottotesti di natura strettamente sociologica e riflessioni etico-esistenziali, caricandosi invece di una forte connotazione politica nel menar fendenti infuocati contro lo zoppicante sistema capitalistico occidentale, i cui imperativi, un tempo granitici, oggi consunti e sgretolati eppur ancora in piedi -efficienza, produttività, successo, agonismo sfrenato, cinismo spregiudicato, arrivismo- vengono trasmessi come informazioni genetiche fin dalla nascita dal proprio nucleo familiare per poi crescere e, sotto gli ‘stimoli giusti’, radicarsi dentro, rafforzarsi e svilupparsi al punto da creare delle devianze, delle deformità, generare mostruosità inestirpabili, distruttive ed autodistruttive, con conseguenze irreversibili. Gli anni del rampantismo reaganiano sono lontani (American Psycho) ma hanno comunque lasciato degli strascichi evidenti e forse ancor più letali. Frustrazione, senso di inadeguatezza, impossibilità e incapacità di realizzarsi, pressioni e condizionamenti esterni covano dentro e scavano nei recessi dell’anima fino a prosciugarla e disumanizzarla. Tabula rasa di affetti e legami di sangue: solo mostri che armano altri mostri, tutti indistintamente mossi dall’istinto di sopravvivenza che risponde al nome del dio danaro e mantenimento dello status quo economico. You’re next riesce nell’intento di demolire anche le ultime certezze in cui ancora ci illudiamo di rifugiarci: la famiglia, la casa non evocano più calore, protezione, ristoro da un mondo spietato e crudele ma divengono la dimensione ideale perché si compia l’apocalisse definitiva, il totale annientamento di sé e di ciò che ci circonda. Sposando la visione del nostro Dario Argento che più (e prima) di tutti ha sovvertito l’idea di ‘casa’ come luogo sicuro in cui trovare riparo e sicurezza dal male che viene da fuori, il film viaggia spedito sui binari ben delineati degli stilemi horror e si costruisce letteralmente sul rigido schematismo dello slasher movie (come il titolo suggerisce) dai quali ingranaggi limitati e limitanti, però, non resta schiacciato, anzi, ne ricava forza per rendere al meglio compatta e claustrofobica questa ‘caccia all’uomo’ fino all’ultimo respiro entro le 4 mura che si fanno prigione, terra straniera, trappola mortale. Se lo script è prevedibile, l’ottimo lavoro di direzione va nel verso opposto, infondendo un perenne senso di destabilizzante incertezza al corso degli eventi attraverso la scelta di riprendere narrando per dettagli, primi piani, campi medi. Soluzioni visive che negano la consapevolezza degli spazi nella loro interezza, necessaria ai personaggi che vi si muovono per preparare sul terreno d’azione una difesa che possa rivelarsi utile a contrastare colpi potenzialmente mortali. Il costante disorientamento spazio-cognitivo sventra metaforicamente la casa, ogni angolo nasconde un’insidia, nessun posto è più sicuro e nessuno è più al sicuro, niente può proteggere e salvare dagli assalti a distanza ravvicinata che, improvvisi, si abbattono come (e per mezzo di) scure pesanti sui malcapitati. Il sadico gioco del gatto con il topo logora e annienta vincendo a tavolino su chi ha sedato/dimenticato gli istinti primordiali del tenersi in vita mentre li risveglia in chi li ha tenuti in esercizio, sprigionando, per contro, una violenza e ferocia inaspettate (unica reazione possibile e naturale per scampare al massacro), al limite della catarsi. E così il film si srotola in un corpo a corpo alla pari tra cacciatore e preda, senza esclusione di colpi, con cadaveri che aumentano di numero lastricando i sentieri domestici sempre più scoperti, sempre più impervi. I cattivi che in un primo momento appaiono giganti invincibili e terrorizzanti, con quelle inquietanti maschere ‘bestiali’ sulla faccia, dalla fissità (in)espressiva, visti con gli occhi di chi li combatte non fanno più lo stesso effetto, si ridimensionano, ritrovano la loro forma ‘umana’. Dapprima impenetrabili, adesso vengono facilmente trapassati dalla lama di un ordinario coltello da cucina. Se feriti anche loro sanguinano, se colpiti cadono a terra come mosche.
Formalmente You’re next è più vicino alle pellicole del passato con quella grana grezza che le contraddistingue e si spoglia (o non si veste mai) di patine estetizzanti che potrebbero comprometterne la riuscita in termini di verosimiglianza. Tanto gore come alla vecchia maniera eppur mai gratuito, nonostante qualche tocco di originalità assassina un po’ sopra le righe possa far pensare il contrario. La messa in scena non perde di credibilità, non scade nell’eccesso e i toni grotteschi restano mirabilmente fuori campo. Conservando integrità e coerenza. Fino alla fine. Sorprendente.
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