Regia di Massimiliano Verdesca vedi scheda film
W Zappatore è uno di quei film che ti mettono a disagio. Perché sono così volutamente estremi nel loro essere surreali e grotteschi, così trash nella scrittura delle scene come nell’interpretazione degli attori (vedi una Sandra Milo ormai fuori controllo), che il sospetto che sia un capolavoro travestito da strascult ti viene. Perché l’opera, lo diciamo subito, è improbabile e spesso insopportabile, ma ha anche sprazzi e intuizioni che ti lasciano spiazzato: si pensi al lato più dark, tra croci capovolte e cimiteri intasati, o ai dialoghi – se così possiamo chiamarli – tra figlio (Marcello Zappatore, autore anche delle musiche, niente male a essere sinceri) e la bigottissima madre tossicodipendente o tra lui, chitarrista e forse santo, visto le stimmate che lo accompagnano per tutto il film, e il suo gruppo. W Zappatore vorrebbe essere un viaggio spirituale e allo stesso tempo musicale. Quest’ultimo potrà piacere a metallari – e forse persino ai “rivali” rockettari – per l’estetica sfigata del personaggio e per alcuni momenti post concerto molto “veri”. Quello religioso, invece, è un pretesto che non ti conquista mai, uno stratagemma narrativo e visivo valido quanto la nonna folle (la citata Sandra Milo). Pochissimo, quindi. Voleva fare, Verdesca, un pazzo incrocio tra un Trainspotting del Salento e un film tedesco con Nina Hagen, ma naufraga con sfacciata incoscienza. Tanto da farsi voler bene, nonostante il giudizio severo che non puoi non tributargli.
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