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Chico & Rita

Regia di Tono Errando, Javier Mariscal, Fernando Trueba vedi scheda film

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La recensione su Chico & Rita

di OGM
8 stelle

Il premio Goya 2011 per il miglior film d’animazione è una lunga storia d’amore, discontinua ed avvolgente come il ritmo di una sinfonia. Il miraggio del successo prima unisce, poi separa, le anime di due musicisti cubani, la cantante Rita ed il pianista Chico, che, quando le loro strade si saranno divise, non smetteranno di inseguirsi, aspettarsi, desiderarsi, tradirsi a vicenda senza mai perdere la voglia di rivedersi, né mai riuscire a ritrovarsi davvero. La loro passione  continuerà sempre, con il suo andamento ondeggiante confuso dalle note vibranti del jazz, che imitano l’indecifrabile rumore di fondo della vita. I viaggi, i contratti, le occasioni colte al volo oppure mancate, si srotoleranno, per entrambi, sul fragile terreno delle emozioni a cui non si dà seguito, semplicemente perché fanno paura. Chico e Rita cercheranno in luoghi lontani ciò che hanno smarrito lasciandosi, e nelle melodie dei loro spettacoli risuonerà ogni volta l’accento di una tristezza senza rimedio. La cronaca delle loro esistenze, che proseguono parallele, e a tratti si incrociano, è una successione di eventi che lasciano immutato il contenuto del cuore: è il racconto di una fuga, che vorrebbe soffocare il dolore nell’ebbrezza della musica, e nell’oblio procurato dalla magia del palcoscenico. Poco importa quanto grande sia la platea,  che si tratti di esibirsi con una piccola orchestra in un locale di Parigi, o di recitare da protagonista in un film hollywoodiano: Chico e Rita trasferiscono comunque, nella loro arte, la profonda pena per la mancanza di una persona a cui dedicare la bellezza che stanno interpretando.   Questo film sembra privo di un’evoluzione, forse perché parla sempre della stessa cosa, ossia della solitudine, da cui ci si può provvisoriamente distrarre immergendosi nell’incanto danzante di una melodia, ma dalla quale non si guarisce mai. Nostalgia, rimorso e rimpianto le fanno da contorno, riportando la memoria a quella Cuba degli anni quaranta, in cui la musica era una forza viva e spontanea, appartenente al popolo, alle strade, alla volontà di far festa ed essere allegri, anche nella miseria. Allora, l’assenza di luccichio rendeva la vita più dura, ma anche tanto più vera, e la gelosia non aveva bisogno di ricorrere a strani giri di parole, o a pretestuose ripicche, per far sentire la sua voce. Il tempo in cui Chico e Rita sono vicini l’uno all’altra, e sono autenticamente se stessi, dura un solo, breve momento. Subito dopo inizieranno, ognuno per proprio conto, a costruire sogni che non appartengono a nessuno dei due. Chi assiste ai loro solitari percorsi senza meta, freme nell’attesa che la tonalità cambi, che il precipitoso flusso delle dissonanze inverta la corsa, per richiudersi sull’accordo iniziale, ripristinando l’originale armonia. Quell’attimo sembra, infinite volte,  sul punto di arrivare, ma poi il movimento delle onde sonore ritorna ad impennarsi, a farsi turbine, a confondere le acque. Nei disegni di Javier Mariscal, il tratto è sobrio, soffice, sensuale, eppure sottilmente inquieto, come uno spirito ribelle che non voglia rivelarsi,  rinunciando alla propria gioventù,  e che rimanga a coltivare, sotto la pelle, la sua pesante e tribolata poesia. 

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