Regia di Paco Plaza vedi scheda film
Non sarà la tomba dell’amore, ma di sicuro il matrimonio di Clara e Koldo è quella degli invitati, contaminati da uno zio infetto e ridotti a bestie assetate di sangue. Il terzo capitolo della serie [Rec], orfano di Jaume Balagueró, relega la continuità stilistica al prologo, affidato alle videocamere di un cugino (amatoriale e ballerina) e di un operatore di matrimoni (professionale e stabile). Paco Plaza sciorina riferimenti a casaccio a Renoir e al Cinéma Vérité di Vertov per giustificare e consolidare il suo linguaggio stracotto in presa diretta, salvo abbandonarlo dopo i titoli di testa per passare alla pura fiction. Il regista prosegue sfacciatamente con le citazioni, abbeverandosi alle fonti alte di Shining (Clara dietro la porta assediata) e La casa (sega elettrica), ma anche a quelle ben più artigianali di Antonio Margheriti (lingua staccata a morsi come in Apocalypse domani) e Amando de Ossorio (i ritornanti immobilizzati di La cavalcata dei resuscitati ciechi). Un colpo va alla serietà degli eventi e un altro ai loro risvolti grotteschi e parodici in stile Raimi, con furbette strizzatine d’occhio al trash più fracassone (geiser di sangue tra un siparietto e l’altro) e a puerili sottofondi religiosi (l’irricevibile Koldo in armatura da San Giorgio, i posseduti che si fermano alla lettura della Bibbia). Si spara nel mucchio, insomma, e il nobile scopo di sfuggire all’omologazione da saga sfuma in una gran confusione, dalla quale il prodotto esce con le ossa rotte e senza mai spaventare né divertire. Pensavamo che l’unico limite dei [Rec] fosse Balagueró. Ci sbagliavamo di grosso.
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