Regia di Robert Schwentke vedi scheda film
Si parla di un progetto ambizioso, 130 milioni di budget, che è naufragato al box office, cioè laddove avrebbe dovuto trovare la sua principale difesa.
Se è andato così male non è poi un caso, in fondo si tratta di un progetto che copia tanto e senza nemmeno riuscire a farlo troppo bene, anche se probabilmente, con tutti i suoi difetti (innegabili), non è nemmeno tutto ‘sto scatafascio.
Dopo essere stato ucciso dalla persona (Kevin Bacon) di cui più si fidava, Nick (Ryan Reynolds) si ritrova a far parte del “Rest in Peace Department” agenzia che recluta agenti morti per rispedirli sulla Terra sotto mentite spoglie con l’incarico di frenare gli spiriti che minacciano l’umanità.
Finisce a far coppia con il burbero Roy (Jeff Bridges), ma il suo unico obiettivo è fare giustizia sul suo caso.
Il progetto puntava in alto (aprire un nuovo franchise), ma non ha gambe proprie, l’universo “Men in black” è dietro, ma anche davanti, l’angolo, soprattutto però non possiede la medesima freschezza (mi riferisco ovviamente all’originale, già plagiato dai suoi sequel).
Si parte quindi già in deficit e non si fa molto per cambiare questo status.
Se non altro, il clima di divertimento non sfigura più di tanto, in fondo ci sono gli spazi per farsi diverse risate leggere, ma su tutto il resto si può recriminare.
Panorama da fumetto (it’s ok), ma anche incline al videogame (it’s a fake), la trama da tradimento e vendetta appare riciclata al massimo, va bene non avere enormi pretese, ma l’insieme ha quel sapore non proprio invitante del già visto (costruzione derivativa) e pure rappresentato meglio.
C’è poco da dire sul personaggio di Ryan Reynolds, più spumeggiante invece quello di Jeff Bridges (in versione originale fornisce un accento marcato che è un vero spettacolo, sembra quasi di trovarsi al cospetto di una figura da western) che appare dominante e grazie a ciò il film trova la sua (minima) dimensione, mentre un ordinario Kevin Bacon si ritrova in panni scontati e infine è abbastanza divertente Mary Louise Parker (la reclutatrice).
Dunque, se la comicità è in sostanza adeguata (un po’ cialtrona, ma evidente), per il resto di parla del classico blockbuster che dai suoi paletti non esce mai nemmeno per sbaglio ed in questo vincolo si trova imbrigliato.
Impossibile nascondere la pecca della mancanza di originalità e tanto meno evitare il confronto con altri titoli similari, per un film che riesce anche a divertire, ma che appena si fa serio (per forza di trama), manifesta debolezze importanti.
Deficitario (ma temevo pure peggio).
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