Regia di Sergio Staino vedi scheda film
Attorno a una trasmissione radiofonica gravita la giornata di una serie di personaggi sopra le righe: un tassista, un medico, un politico, una femminista, un tecnico audio.
A quattro anni di distanza da Cavalli si nasce (1988) arriva l'opera seconda del fumettista Sergio Staino dietro la macchina da presa; scritto a quattro mani insieme al collega di matita Tullio Altan (autore del soggetto), Non chiamarmi Omar è un filmetto volutamente sgangherato, giocoso, dalla trama ampiamente diluita fra spunti, sketch, storielle che si intersecano. Il principale difetto della pellicola, nemmeno così grave vista l'inesperienza di Staino nel cinema, è che si vede bene la mancanza di un regista vero e proprio: si può perdonare la scarsa perizia tecnica o l'occhio poco allenato, ma è già più difficile non fare caso agli interpreti mandati sul set allo sbaraglio, diretti con sufficienza o forse neppure diretti affatto (Ornella Muti rappresenta l'emblema di questo tipo di problematica: accettabile quando affidata alle cure di un regista più attento, qui è davvero rovinosa). Il cast presenta una lunga lista di nomi interessanti: Gastone Moschin, Michele Mirabella, Pierfrancesco Loche, Stefania Sandrelli, Gianni Cavina, Barbara D'Urso, Victor Cavallo, Antonello Fassari, Corinne Clery, Elena Sofia Ricci, Vinicio Capossela (alla sua prima esperienza sul grande schermo, nonchè ultima al 2016 di chi scrive); Claudio Bisio presta la sua voce come speaker radiofonico. La logica della storia non è importante, non quanto lo spirito leggero che la pervade; lo spaccato sociale che si vorrebbe delineare è però banalotto al limite dell'insignificante. Per Staino sarà l'ultima regia, quantomeno nel quarto di secolo successivo. 3,5/10.
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