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Italy: Love It, or Leave It

Regia di Gustav Hofer, Luca Ragazzi vedi scheda film

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La recensione su Italy: Love It, or Leave It

di barabbovich
8 stelle

Con poche eccezioni (Quando c'era Silvio, Parole sante, Videocracy, Il corpo delle donne), gran parte dei documentari andati in sala a partire dalla fine del secolo scorso - pur con tutti i loro meriti divulgativi e politici - tendono a somigliarsi per il registro malmostoso, la critica al sistema politico-economico, la denuncia sui dissesti del Belpaese, la mancanza di lavoro, le aziende che chiudono, la crisi, il malcostume, il grado zero del sapere e della cultura. Sono gli stessi problemi che pone anche Italy: love it or leave it. Il quale, a differenza di film come Il mio paese e Niente paura, possiede ironia e originalità sufficienti a emergere da un panorama piuttosto monocromatico.
A dirigerlo sono Luca Ragazzi e Gustav Hofer, coppia gay - uno romano, l'altro altoatesino - che deve decidere se lasciare Roma con tutte le sue bellezze e le sue storture, oppure trasferirsi a Berlino. Quasi per scommessa, i due si danno sei mesi di tempo, durante i quali, a bordo della loro 500, fanno un andirivieni continuo per la penisola per dare sostanza e risposte ai loro interrogativi. Eccoli allora scoprire il simbolo dell'Italia industriale in piena crisi, con gli stabilimenti Fiat a rischio chiusura; la Bialetti, altra icona di quello stesso Paese, che ha trasferito i suoi stabilimenti in Romania. È solo la minima parte di un florilegio di aberrazioni e orrori del Belpaese: da Rosarno, fucina di forme di schiavitù moderna, alla convention con i figuranti delle manifestazioni pro-Berlusconi, fino a Predappio, città natale di Mussolini, con i nostalgici che non sanno neppure cose sia l'apologia del fascismo, senza dimenticare le cose che oggi ci rendono famosi nel mondo: i cumuli di immondizia e Napoli, la mafia in Sicilia, gli ecomostri (non si sa se ridere o piangere davanti all'esilarante Festival dell'incompiuto siciliano, a Giarre) e il paesaggio deturpato in gran parte del sud (e non solo), le coste divorate dal cemento in Calabria. I due autori riescono però miracolosamente a mantenere un registro ironico e leggero, a rendere avvincente il loro continuo contraddittorio, a infilare con grande tempestività i bellissimi in­serti animati e le interviste a Camilleri, a Lorella Zanardo, a Nichi Vendola e all'onnipresente Carlo Petrini, testimoni e analisti della deriva degli italiani.

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