Regia di Oliver Stone vedi scheda film
Due amiconi (un veterano Iraq e un “ispirato” botanico) che coltivano super marijuana, ma vorrebbero tirarsi fuori dal giro, vengono incastrati dalla narcoregina del cartello di Tijuana che rapisce la loro (sic) donna. Le teste mozzate che fioccano sin dall’inizio, la disinvoltura sentimental sessuale, un divertito Travolta agente Dea, l’uso smodato (anche terapeutico) di “fumo”, l’eccesso caricaturale dello scagnozzo Benicio Del Toro, la (magnifica) performance da boss cialtrona e mamma con sensi di colpa di una Salma Hayek stile gangster movie anni 30, portano da subito in un territorio minato: Oliver Stone che ancora se la mena coi cascami del pulp? Forse. Ma a modo suo. Al di là dei discorsi risaputi sul relativismo del Bene (nessun personaggio è completamente “negativo”) e del parallelismo tra le modalità “aziendali” del narcotraffico e quelle dell’alta finanza (nonché dell’impossibilità di credere alla “morale” al fondo perbenista del film), Le belve è in realtà una nuova inversione a U dal sapore di western psichedelico con ludiche (o beffarde) variabili narrative, chiusa (ma niente spoiler) tra la premessa “assurda” della voce over nell’incipit e l’inatteso scarto del suo redde rationem finale. Nulla per cui strapparsi i capelli, s’intende: ma una conferma dell’ineffabilità di un regista che sa di non aver più nulla da dire ma continua a fare un cinema cinema, pur sbeffeggiato dai più, che in troppi si possono solo sognare.
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