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Le belve

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Le belve

di mc 5
10 stelle

Mi è capitato di recente in due casi (coi film di Soldini e di Bertolucci) di dissentire dalla quasi totalità della critica. E nel caso di queste "Belve" la tendenza viene confermata. Tutti giù a bastonare Stone, dunque, reo d'avere sfornato un prodotto di serie B. Ma sul cineasta americano, posto che questo film mi ha completamente conquistato, vorrei spendere qualche parola. Stone è un Maestro del cinema contemporaneo perchè nessuno ha saputo raccontarci l'America come lui. Stone ama il suo Paese (come lo ama Michael Moore e come lo amava Gore Vidal) ma tutti sappiamo che egli nel suo Paese è "persona non gradita". Il Paese non ama i drop out, quelli mai pacificati, gli irregolari...e se poi sono anche artisti il contrasto si fa ancora più "acido". Da "Platoon" a "Nato il 4 luglio", da "Talk radio" a "Wall street", passando per l'omaggio ai Doors, Oliver ci ha messo l'anima e le viscere per condividere il sentimento profondo che lo lega al suo Paese, fissandone su pellicola la disperata percezione d'impotenza di fronte al decadimento dei valori fondanti da cui nacque la Grande Nazione. Esattamente come Michael Moore e Gore Vidal, Stone condivide con essi l'amara consapevolezza che il Capitalismo non vacillerà mai nella sua certezza che questo sia il migliore dei mondi possibili. Questo film è stato naturalmente avversato dalla critica (in Italia, ovvio, i critici "de sinistra" lo hanno massacrato, troppo occupati a sopravvalutare Bertolucci, a bastonare Soldini e a nicchiare su Virzì). Ma era tutto previsto. Io ho invece goduto di quelle immagini bellissime, di quei corpi vibranti, di quella violenza talmente eccitata da trasfigurare in liberatorio furore...E' cinema pieno, pienissimo. Pieno di tutto, e infatti riempie gli occhi con immagini che stordiscono, riempie le orecchie con grida e spari, riempie il cuore e la mente con storie di uomini perduti che credono di salvarsi la vita coi soldi e che non hanno più consepvolezza di sè e della forza dei propri sentimenti. Le sole cose che contano, alla fine, si riducono ad una triade logora e stanca: sesso, droga e rock'n'roll. Il film è una meraviglia di immagini di devastante bellezza e di urticante ed animalesca cattiveria, tra passione e furia, tra paura e vendetta. Lo possiamo vedere come un'avventura action ma anche come un'epopea di criminalità violenta. Eppure, come Stone ci ha abituato, quella violenza possiede una cifra poetica e, soprattutto, noi uomini e donne siamo su questa terra per essere felici, per fare l'amore, per godere, e non per scontare i peccati originali di entità che non abbiamo mai visto nè conosciuto. E quest'ultima considerazione, ancorchè banale e discutibile, esprime un concetto alla base di quella cultura hippie che è poi quella che ha formato lo stesso Stone. E' stato bello entrare in una grande sala, con uno schermo immenso, e vedere quelle stupende panoramiche di quel paradiso terrestre che si chiama Laguna Beach, dove Ben, Chon e Ophelia hanno messo su il triangolo perfetto, due uomini e una donna legati da una passione furente, e impegnati nella produzione della migliore erba del pianeta. Il mercato li premia perchè producono "roba" di alta qualità, ma -com'era forse inevitabile- entrano in conflitto con un potente cartello messicano. E da qui la vicenda prende una piega sempre più violenta fino al drammatico rendez-vous conclusivo, peraltro costruito su un efficace doppio finale. I tre protagonisti (tutti perfettamente in parte) sono stati pescati da Stone tra le nuove leve di Hollywood, e se la cavano discretamente, soprattutto la splendida Blake Lively. Ma a fare la parte dei leoni sono i tre veterani: Salma Hayek, un pimpantissimo e rinato John Travolta, ma soprattutto un incontenibile Benicio Del Toro che gigioneggia senza ritegno. Adrenalina a fiumi, erotismo suggerito e non solo, furiose esplosioni di violenza, insomma un film che certo non permette allo spettatore di assopirsi. Con Sergio Leone e Quentin Tarantino che se la ridono in un angolo, creditori di stile e di spirito. E speriamo che Oliver Stone continui ancora a lungo. Perchè nessuno racconta l'America come lui.


Voto: 10

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