Regia di Ken Scott (II) vedi scheda film
Pare che il vero Starbuck fosse un toro. Un grande dispensatore di sperma bovino. Padre di un’immensa moltitudine di vitelli. La premessa suona grossolana e promette goliardiche incursioni nella licenziosità a sfondo riproduttivo. Eppure questa storia è un capolavoro di umana tenerezza. Un gioiello di sensibilità che tratta le questioni della carne con tutto il riguardo possibile, perché quello è il morbido involucro del cuore. David Wozniak, un quarantenne canadese di origine polacca, impiegato con i due fratelli presso la macelleria del padre, negli anni novanta aveva trovato un modo tanto facile quanto singolare di fare soldi: le sue oltre seicento donazioni di seme, effettuate presso una clinica privata, gli avevano fruttato in breve tempo una ragguardevole somma di denaro. Questa, nel frattempo, è sparita, e al suo posto è comparsa una montagna di debiti. Tuttavia è rimasto il frutto biologico delle sue prestazioni: 533 figli, di cui 142, attraverso una class action, chiedono di poter conoscere l’identità del loro genitore. Per David quella iniziativa si presenta inizialmente come un grosso guaio che si aggiunge ai tanti che già lo sommergono: si direbbe l’ennesima sfida alla sua totale incapacità di affrontare la vita. Eppure quell’uomo così spaventato ed immaturo non tarderà a scoprire, nell’ondata di responsabilità che minaccia di travolgerlo, un’occasione per dare un senso ad un’esistenza trascinata tra la noia e la costante paura di fallire. Tutto inizia con una specie di gioco: una volta entrato in possesso, tramite il suo avvocato, dei profili dei ragazzi firmatari della petizione, decide di mettersi sulle loro tracce. Li va a trovare, in incognito, nelle loro case o sui loro posti di lavoro; nel momento in cui incontra quei perfetti sconosciuti, in lui scatta immediatamente la molla di un’affettuosa simpatia, e si sente subito investito del dovere di aiutarli. La trama non potrebbe essere più semplice e ingenua: ma, sulla sua delicata inconsistenza, si innesta una visione piacevolmente scanzonata e sorridente del sentimento paterno, che da sola basta a riempire il vuoto dell’incertezza e a sciogliere ogni imbarazzo. Le imprese di David costituiscono un’originale antologia dei modi – anche puerili, comici o comunque bizzarri – in cui è possibile donare gratuitamente amore, in forma anonima, e senza chiedere nulla in cambio. Il legame di sangue è un fatto naturale, che, per trasformarsi in un rapporto profondo, non ha bisogno di avere alle spalle lunghe storie o tradizioni: è una magia che sorge spontaneamente per effetto di una reazione fisiologica, del guizzo emotivo di un corpo che diventa geloso ed orgoglioso nei confronti di un altro corpo, non appena lo riconosce come una sua giovane gemmazione. L’idea appartiene al mondo delle favole, e si libra leggera ben al di sopra della nostra realtà: ciononostante è piena del fascino disarmante di un discorso serio eppure sognante, che parla come un bambino ma pensa da adulto. Lo spirito della commedia si fa trascinare da un romanticismo che vola alto, descrivendo nel cielo fantastiche iperboli, benché parta da una banale vicenda di cellule in vitro.
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