Regia di Bill Condon vedi scheda film
Pensavamo non fosse rimasto nulla. Avevamo visto Bella consumarsi nell’attesa brevissima ed estenuante della figlia ibrida Renesmee: se la mangiava dal grembo, riducendola a un teschio tutt’occhi. Proprio l’iride rossa di Kristen Stewart è il cuore pulsante di Breaking Dawn. Parte 2, che batte quando il polso si ferma. Bella è una vampira neonata, Renesmee una neonata già ragazzina: il fermento della prima contrapposto alla compostezza della seconda vibra come gioventù riscattata. La maternità è il veicolo di una nuova adolescenza, la morte fisica è vita guizzante, affamata e vivida. Bella ha una casa nuova, straripante di corpi inediti seppur abbozzati: la famiglia si allarga per proteggere Renesmee dai Volturi, che la credono un’immortale e vogliono ucciderla. Tanto basta per tirare 115 minuti comprensivi di lacrimoso commiato con fotoricordo da annuario scolastico. Vi diranno che quest’ultimo atto è fatto di niente, che affoga nell’inerzia una soluzione già diluita. Ma come in ogni passaggio, che sia una maturità canonica o una mutazione interspecie, la partitura degli eventi effettivi soccombe al carico delle note emotive. E il film di Bill Condon impressiona il movimento della novità nell’assenza dell’avvenimento, riempie l’immobilismo narrativo di un dirompente impatto melodrammatico. Proietta - letteralmente - luci e ombre della mente in uno scontro finale al contempo risibile e maestoso. Dal nulla nasce qualcosa. Qualcosa di umano.
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