Regia di Julian Farino vedi scheda film
Gruppi di famiglia in due interni, con crossover tra pater familias di uno e figlia ribelle dell’altro. L’amore è cieco, perciò se ne sbatte se «le sue palle sono molto più vecchie di lei» e se i rapporti di amicizia e vicinato cambieranno per sempre - portando a galla rancori ma anche (in)sane passioni represse - all’insegna della dubbia morale “scopati una ragazzina e getta la maschera, l’importante è essere felici”. Questo saggio di superficialità filmica in chiave comica è un prodotto dalle stimmate dichiaratamente televisive, certificate dalle presenze di Farino - regista avvezzo al piccolo schermo - e di un improponibile Laurie tutto facce e faccette. La confezione, incerta se percorrere i binari della simpatica e un po’ cialtrona spontaneità hollywoodiana, della verbosità “da tavola” transalpina o delle libertà posticce da indie comedy, gioca la carta del cerchiobottismo e cola a picco. Tra battutine ironiche sul mondo asiatico, frecciatine al perbenismo borghese e al suo feticismo tecnologico, e voce over da far cadere le braccia, la narrazione procede molle, puerile nel suo tentativo di coniugare superficiale satira dei costumi, piatta introspezione e riusciti guizzi grotteschi convogliati in un prefinale che, per un attimo, solleva lo spettatore dalle sabbie della noia. Ma sono sabbie mobili, destinate a inghiottire le vittime in un epilogo di rara inettitudine. Roba che nemmeno nelle peggiori serie televisive. Roba da chiedere indietro i soldi.
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