Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
Cresceranno salmoni nel deserto. È l’eccentrico, scriteriato, favolistico proposito dello sceicco Muhammed, che nuota controcorrente e invece di investire il suo patrimonio in un lussuoso resort sogna di introdurre la pesca sportiva. Nello Yemen. La chimera diventa un progetto incentivato dal governo britannico in nome del buon nome: «collaborazione angloyemenita» ha un inedito suono rassicurante sul sottofondo di esplosioni cui ci ha abituati il Tg. Vi vengono coinvolti il disilluso uomo di scienza Ewan McGregor, ittologo rigoroso, e la donna di corroboranti speranze Emily Blunt, assistente illuminata. In un’altalena di razionale riluttanza e trasporto mistico/entusiastico, compromessi politici e qui pro quo culturali, il quadro sfuma dalla follia all’utopia da rincorrere, creare e abbracciare. A dispetto di un’evidenza che naviga da tutt’altra parte. Purtroppo si incaglia l’ultimo film di Lasse Hallström, che cerca ancora la favola attingendo stavolta da un libro (Pesca al salmone di Paul Torday) pregno di satira e denso di scrittura. Le conversazioni al vetriolo, lì dipanate in forma di mail e lettere, diventano il pretesto per una storia romantica, che congiunge due anime votate ad altari diversi sotto l’egida del buon pescatore. Le cui sole virtù sono pazienza, tolleranza e umiltà, ci dirà il fascinoso sceicco interpretato con pacata stravaganza da Amr Waked. Il pescatore di sogni non parla di religione così come non parla di pesca. È un’opera sul superamento degli steccati innalzati dal pregiudizio, dalla convenzione, dall’abitudine. Come tale trova i suoi momenti più felici negli scambi di sguardi e parole tra McGregor e Blunt, lui rigidamente ancorato a un matrimonio più gelido del laghetto con pesci scavato in giardino, lei protesa vitalisticamente in avanti nel lavoro come nelle relazioni, innamorata di un uomo che ha potuto conoscere per tre settimane prima che fosse rispedito in Afghanistan. La guerra, appunto. È una sottotrama il cui volume è costantemente tenuto sottotraccia: per non (dis)turbare le acque affrontate con magica perseveranza dai salmoni d’allevamento, l’argomento politico è anch’esso compresso in un’incubatrice. Solo una perfida Kristin Scott Thomas, ufficio stampa del Primo Ministro, inquina con sporadici interventi lo zucchero. Uno zucchero più semplice, privo di retrogusti irrisolti, ne avrebbe fatto un film più onesto, migliore.
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