Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
Non occorre certo la proverbiale pazienza dei pescatori per rimanere sin da subito intrappolati, felicemente, nella ben intrecciata rete di questa gustosa commedia british.
Peccato che a dirigere le operazioni di battuta ci sia (incomprensibilmente) un regista mediocre e stucchevole come Lasse Hallström. Un vero pesce fuor d’acqua. Tuttavia, per fortuna, non esagera con le sue inquadrature manierate e banali dagli effetti soporiferi, cosicché la sua impalpabile presenza tutto sommato si può (quasi) accettare.
Il soggetto è piuttosto bizzarro ed originale, e trae spunto dalle più disparate e fantasiose “voglie” tipiche degli straricchi, quelli per cui ogni cosa ha un prezzo, e se non ce l’ha, il prezzo lo fanno loro. Nel caso specifico trattasi di uno sceicco yemenita (Amr Waked) e della sua folle richiesta d’introdurre la pesca al salmone nel suo Paese. Ma attenzione, questo costituisce solo un pretesto nonché la miccia che innesca una divertita e divertente sarabanda assortita di sberleffi e prese in giro - più o meno bonarie, più o meno a segno - specie nei riguardi della politica, delle (il)logiche dinamiche che la (s)regolano, delle assurde e spesso casuali congiunture in cui naviga, dei suoi cinici, incapaci, inutili governanti e sottoposti, parassiti di un sistema asfittico ed autoreferenziale.
Quando l’indecente “proposta” approda sul computer di un annoiato scienziato, il dr. Alfred Jones (Ewan McGregor), dipendente del Ministero della pesca e dell’agricoltura inglese, lo stesso non può far altro che pensare ad uno stupido capriccio e cestinarla all’istante, sennonché nella “cosa”, altrimenti affondabile nell’infinito mare delle cafonaggini forestiere che insidiano/invadono la placida routine isolana, s’intromette l’ufficio stampa del prime minister, nella persona della risoluta Patricia Maxwell (Kristin Scott Thomas).
Mero opportunismo, la “strana” intrusione, che diventa decisione governativa dall’immediata applicazione. E sono ovvi i motivi: in primo luogo lo sceicco è disposto ad investire la “modica” cifra di cinquanta milioni di sterline nel progetto, tramite la bellissima consulente Harriet Chetwode-Talbot (Emily Blunt); in secondo luogo rappresenta una ghiotta e imperdibile occasione per distrarre l’opinione pubblica dalle rovinose politiche estere in Medio Oriente e al contempo rafforzare il pericolante asse inglese-arabo.
La forzata collaborazione tra personaggi così diversi fra loro come la loro stessa buona definizione, permette, oltre alla elaborazione di spassosi e sottili frammenti di inappuntabile british humour, anche una serie non scontata di riflessioni. Il dr. Jones è il classico inglese frustrato, con un matrimonio che vacilla e l’astio per l’inetto capo; è sdegnoso, abitudinario, rigido come uno stoccafisso ed estremamente formale (tanto che Harriet l’accusa di autismo), con la scienza come unico valore e la pesca come sicuro rifugio. Naturalmente sprezzante nei confronti del “mistico” sceicco - uno che considera l’attitudine perseverante e antica dei pescatori un atto di fede -, imparerà presto a rispettarne intelligenza e spirito, ad accettarne ed accoglierne le istanze moderniste, anche se sottoforma di apparentemente stravaganti idee. Che per il miliardario arabo significano anche - e soprattutto - una grossa opportunità per portare sani cambiamenti nel suo Paese, per dare vita alle aride, desertiche, ostili terre. Non tutti i connazionali la pensano allo stesso modo però, e si faranno sentire …
La sceneggiatura, basata sul romanzo Salmon Fishing in the Yemen (che poi sarebbe il titolo originale del film) di Paul Torday, bilancia bene il lato prettamente umoristico con i risvolti più metaforici (l’andar controcorrente dei salmoni riflette il cammino di Alfred e Harriet ma anche dell’”illuminato” sceicco), seri ed attuali, pur mitigati dalla brezza della commedia che risulta predominante ed a tratti offuscante (la guerra appena accennata).
Laddove la storia non convince ed annega un po’ nelle battute acque dell’incolore ed incauto sentimentalismo (ed in cui il regista invece ci sguazza contento e protetto come un neonato attaccato al seno della mamma), è nella relazione amorosa tra i due protagonisti principali, che prosciuga i buoni propositi e pensieri fin prima espressi. Una svolta romantica che, seppur non scadente nel melenso (ad eccezione del brutto happy end), giunge tardi e male, a tradire in un certo senso lo “spirito” del film. D’ulteriore intralcio, con uno sviluppo narrativo non ben esposto, è la figura del soldato di cui s’innamora all’inizio Harriet e che poi magicamente ritorna a scombussolare il “momento perfetto” vissuto dalla stessa con Alfred.
Aspetti negativi che, assommati all’inadeguatezza registica e a musiche(tte) (di Dario Marianelli) francamente monotone e un tantino tediose, fanno de Il pescatore di sogni un'occasione (almeno in parte) sprecata, anche se in definitiva si tratta di un’opera godibile e meritevole di visione, in cui risultano decisive le ottime prove degli attori.
Eccellente infatti è il cast, con dei ruoli caratterizzati decisamente bene, a cominciare dall’impagabile Kristin Scott Thomas che, certamente compiaciuta, si produce in una strepitosa sequela di siparietti e battute ad alto tasso di cinico e tagliente umorismo. Perfetto Ewan McGregor, grande attore, valido e versatile, ma questa non è una novità. Così come non stupisce che il suo personaggio s’innamori di Emily Blunt (pure molto brava a gestire toni drammatici e leggeri).
Semplicemente deliziosa e adorabile, è una per cui senz’ombra di dubbio alcuno varrebbe sempre la pena di sfidare la corrente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta