Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
“Il pescatore di sogni” (Salmon Fishing in Yemen, 2012) è il diciannovesimo lungometraggio del regista svedese Lasse Hallstrom.
Una pellicola evocativa fin dal titolo (anzi quello italiano è ben riuscito nonostante il libro di provenienza di quello originale), spiritosa, evanescente ed irridente. Un miscuglio, non sempre ben combinato, tra sentimento(alismo) e commedia (ironico-graffiante).
“Non sono la puttanella del quartiere popolare…sono tua madre cazzo!” dice l’ufficio stampa del Primo Ministro a uno dei suoi figlioli (ritenuto poco educato nel coprirsi la testa col cappuccio della sua felpa) mentre il fido padre aspetta per accompagnarli a scuola. Nel frattempo la signora Patricia Maxwell (Kristin Scott Thomas) riceve una telefonata sulla notizia ‘sovversiva’ di una pesca al salmone nello stato dello Yemen. E che notizia! Deve far leva sul suo Capo che di pesca ne capisce ben poco. Ma per la politica si fa tutto anche l’imponderabile entra nella cerchia della notizia e del fatto da esaltare.
Alfred Jones (Ewan McGregor) è un personaggio sui-generis alle dipendenze del Ministero della Pesca e dell’Agricoltura. Un uomo poco avvezzo alle concreto semplice e alle scappatelle di primo pelo (ops... di prima serata). E tra uffici tristi e refrattari e una moglie saccente e poco amante (del marito), il dottor Jones (qui le peripezie del famoso archeologo sono mentali e poco più) non ne può più: appena gli capita l’occasione più stramba e sghemba della sua vita (rincoglionita e zerbinata) prende subito il largo e…controcorrente come i salmoni. E il salmone Alfred ammanta ogni riserva e manda in ammollo la politica del n° 10 di Downing Street!
Lo sceicco Muhammad tenta il tutto per tutto (e si sa che il denaro non conosce ostacoli) e coinvolge Alfred e Harriet Chetwode-Talbot (Emily Blunt) che diventa amica e oltre dello scienziato. La metafora è li a portata di mano ma il sensibile tocco del regista elimina alcuni difetti di base della sceneggiatura (forse troppo didascalica e fedele al testo di Paul Torday) e riesce a fantasticare il reale con dolcezza e arte soprannaturale. E sì che la pesca non è altro che un atto di fede: così lo sceicco verso il dottore (che di scienza si ispira) nel mentre un lauto pranzo rompe i convenevoli e brinda alla riuscita di un sogno. E la vita grama e repressa di Alfred prende vita e il represso istinto di amoreggiare con la natura ne imprime la gioia in un tirare la lenza della sua canna da pesca. E il Primo Ministro si ‘fa sempre una canna’ anche se non capisce un un fico secco di economia ittica. Che bella ufficio stampa che riesce a portarlo tra le terre dello sperduto Yemen dove sono in attesa elicotteri che trasportano vasche di salmoni (non quelli dei fiumi scozzesi ma…di allevamento alimentare per i poveri commensali del Regno Unito!).
La voglia sessuale gira per tutto il film non vedendosi l’ombra di un sentito orgasmo: solo l’istinto di un salmone che s’invola in alto dalle acque del fiume può liberare ogni schema e arricchire l’animo (represso) del dottore in vacanza premio. E sì che l’attesa è tanta ma il gusto del finale mano nella mano chiude il buon modo di essere ‘inglesi’ (please niente sesso! Ma fino ad un certo punto…uno…). Jones intristito come non mai quando sente profumo di donna (Harriet) e lo sceicco ne prova il legame da farsi mentre ricorda il sapore delle sue mogli (e di uno che conosce il sentire di un animo femminile). Un vezzo narrativo non sempre corroborato da fulminanti e precise battute ma da uno ben preciso (e non certo di bassa levatura) canovaccio che segue una buona strada ma con pochi lampi di sconquasso. La metafora vita-pesca, passione-politica è evidente: forse manca una maggiore ariosità per dare man forte ai personaggi tutti ben delineati e messi a proprio agio tra le acque dei ‘salmoni-in-paradiso”.
Ewan McGregor ha un distacco attrattivo nel rappresentare il suo reietto mondo da sputare e il suo saluto amorevole alle cose impossibili. Rimangono impressi lo sceicco (Amr Waked) e Harriet (Emily Blunt) che tengono elevato il succoso gioco e il suo arrivo. Ma la scena dei rampolli dell’ufficio stampa ingigantisce la goffaggine politica e l’ittica come sport (del ca... –come recita il wall-screen del ministro-) di un Paese che ha solo bisogno di sogni. La realtà fa schifo senza mezzi termini. Meglio andare lontano (per sognare con libertà assoluta). Bye Bye Dowing Street!
Bellissime le immagini con una fotografia espressiva (gli esterni sono stati girati in Marocco). La regia di Lasse Hallstrom mantiene le aspettative e tiene abbastanza bene (il disincanto è servito).
Voto: 7½.
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