Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
Doveva avere le idee parecchio confuse il regista dello straordinario "Kynodontas", qui al suo esordio nell'ormai lontano 2005. Idee confuse certo, ma non assenti, anzi: sono già in evidenza alcuni elementi che sarebbero stati adeguatamente messi a fuoco nel film successivo. Su tutti: gli umani rappresentati alla stregua di automi, oggetti manovrati dal padre-padrone-regista delle loro non-vite, inquadrati in dettagli anatomici di cui non sono più responsabili. Il non-senso del gesto (qualunque, anche quello più violento) nella civiltà dell’immagine, l’esistenza come simulazione, l'estinzione di una concezione narrativa ed antropocentrica del cinema: tutte cose già viste in Antonioni prima e, in maniera radicale, estrema e "teorica", nel Ferreri di "Dillinger è morto". Purtroppo un Lanthimos alle prime armi non è esattamente la stessa cosa dei due Maestri italiani, e quindi il film si rivela pretenzioso e sterile, coraggioso ma "sbagliato" nella scelta di far recitare gli attori come fossero in perenne stato di ipnosi, confuso a livello di copione, astruso come il peggior Robbe-Grillet e talora fastidioso/irritante (nell'uso ossessivo della camera a mano) come il peggior Dogma95. L'anticipazione di alcuni tratti di una poetica ancora in via di definizione non salva quindi il film dall'insufficienza.
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