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Kinetta

Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Kinetta

di alan smithee
8 stelle

Innanzi tutto Kinetta non è (come ho sempre pensato) il nome della protagonista femminile dell'enigmatico trio, epicentro della non-storia raccontata nell'esordio (o quasi) dell'ormai celebre (e un po' temuto) autore grego. E' piuttosto il nome della località balneare nei pressi dell'istmo di Corinto ove è incentrata l'azione (anche se è un pò ardito, un pò azzardato, definirla come tale); un villaggio balneare semideserto perché fuori stagione, dove i residenti lavorano il minimo necessario e hanno molto tempo libero per pensare a ciò che più li intriga. 
Un poliziotto e un fotografo maturano un hobby decisamente inconsueto e se vogliamo perverso: inscenare azioni violente in cui una donna viene trovata morta. Per questo ingaggiano delle emigrate giunte a fare la stagione in loco, per farle entrare nella parte delle donne offese e in cambio offrendo loro delle proroghe ai loro permessi di soggiorno. Una di queste, incaricata delle pulizie di un grande albergo ancora semideserto, prende molto seriamente il suo ruolo tanto da esercitarsi anche durante il lavoro mentre riassetta le camere. In pratica la trama è tutta li, bizzarra e folle più che mai, ma trattata con la massima serietà e senza una parvenza di ironia facile o sarcasmo che viri al grottesco o alla farsa: giammai!
A volte tuttavia al di là di quello che si racconta, che comunque ha un nesso preciso nella filmografia per ora ancora limitata dell'interessante cineasta, è surclassato da come lo si racconta, dalla potenza di uno stile, dal coraggio di scegliere certe soluzioni che vanno decisamente contro ogni più elementare regola commerciale. Kinetta ha un inizio folgorante e brusco che mi ha colpito moltissimo e che non smetto di rivedere: un rettilineo circondato da muri di cemento come trincee: un uomo barbuto (e' il fotografo) guarda una macchina rovesciata e semidistrutta a casa di un incidente appena occorso: a terra qualcuno, ma la mdp non ci concede dettagli sicuri o particolareggiati. Una bellissima musica di sottofondo (ho provato a capire nei titoli di coda di che si tratta ma sono in cirillico e so solo che è del '61 e nel titolo riporta la parola "tinota") ci fa illudere che faccia parte della colonna sonora, ma presto ci accorgiamo che si tratta di una cassetta che suona all'interno della vettura incidentata. L'uomo apre lo sportello incurante dell'essere umano che giace riverso e inanimato, sottrae la cassetta e fugge via: lo ritroviamo con le cuffie in un cimitero mentre ascolta la stessa canzone in modo ossessivo. Il resto del film o molta parte è tutta una maniacale e sin goffa ricostruzione di atti di violenza e omicidi, storie di cronaca nera che televisione e giornali esplicitano in tutto il loro orrore permettendo ai tre protagonisti di scrivere proprio una dettagliata sceneggiatura di ogni singolo crimine. I tre individui si muovono come marionette, innaturali e goffi, i loro appunti sono scanditi dalla voce atona di uno di loro senza troppa partecipazione, ma con cura maniacale per il dettaglio; il mondo del Lanthimos che ormai abbiamo imparato a conoscere con questi tre suoi notevoli film (gli altri sono Kynodontas e Alps, ma pure lo stupendo Attemberg odora di Lanthimos, pur essendo solo recitato e scritto da regista) è popolato da figure ossessionate ed ossessive che hanno smesso di vivere nel mondo reale per cercare di sopravvivere all'interno di una favola, di un ambiente irreale o ricostruito, in atteggiamenti e situazioni create da altri. Forse per rifuggire alle responsabilità di una vita difficile o piatta che comunica disagio e noia, incapacità di adattamento e di accettazione dei dolori della realtà. Lanthimos esaspera lo spettatore con inquadrature che si soffermano su dettagli apparentemente inutili, trascurando sadicamente ciò che al pubblico interessa veramente: sul luogo del delitto il cadavere della donna è sempre sfumato o tagliato nei suoi particolari principali, mentre una banda di nailon rossa e bianca attaccata per circoscrivere la zona e tenere lontani i curiosi, si impadronisce del primo piano, quasi ad avvisarci di come stanno le cose.
Kinetta è un film ostico e difficile, la pellicola ideale per farti togliere il saluto se provi a consigliarla a qualcuno. Tuttavia è il primo fondamentale passo di una strada d'autore che diventa sempre più maniacalmente intrigante e profonda nel descrivere il disagio di vivere e la necessità sempre più impellente di rifugiarsi all'interno delle più torbide ossessioni che ognuno di noi in fondo si porta dietro e non riesce più a nascondere.

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