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Robert. Una vita felice

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Robert. Una vita felice

di yume
8 stelle

Un corto per celebrare pittura e cinema, una proménade nel Museo dell'Ermitage prima di Arca russa

Storie dal Museo dell’Ermitage - Saint Pétersbourg

Un gioiellino meno noto fra i suoi capolavori è la storia in brevi schizzi di un pittore francese del Settecento, Hubert Robert (1733-1808), membro dell’Accademia Reale, nominato "Disegnatore dei giardini del re", "Custode del Museo” e “Consigliere per l'Accademia".

Robert fu uno dei primi curatori del Louvre e Sokurov ne fa il centro di un ricordo, suggestionato dalle visioni suggerite dopo una serata con amici al teatro Nô, in una primavera fredda e fiorita.

E’ una promenade  con la mdp in spalla a guardar quadri, un dare voce e immagini sullo schermo a suggestioni che si affollano nella mente.

Di Hubert Robert dice subito:

“Era un uomo felice, coincideva con la sua epoca, non l’ha sopravanzata di un passo, marciava con lei.”

Robert viaggiò e studiò per 11 anni in Italia.

Al ritorno in Francia fu ben accolto dall’Accademia, nulla in lui che irritasse, il popolo amava ciò che faceva, spontaneamente.

Molti suoi quadri sono all’Ermitage, zar e nobili lo adoravano e non badavano a spese e da Parigi partivano interi convogli di opere imballate verso quel paese lontano.

Sokurov accosta il teatro classico giapponese alla pittura dell’artista francese, le riprese assorbono i quadri in una esperienza visiva di cui, tra qualche anno, 2002, darà grande prova Arca russa, lo straordinario piano sequenza di due ore lungo le sale dell’Ermitage, pietra miliare del rapporto fra cinema e arti visive.

I ciliegi in fiore, simbolo del Giappone, sono ripresi dall’alto, il loro bianco rosato è ombreggiato dai leggeri vapori tipici di Sokurov. L’ingresso degli archi dal preludio al Macbeth di Verdi sparge ondate sonore, la voce racconta:

era una sera fredda e umida, con gli amici vediamo uno spettacolo tradizionale

Primo piano sul palcoscenico, due maschere del teatro Nô attraversano ieratiche e sorridenti da sinistra a destra, la voce continua:

“… io guardavo questo miracolo…”

 e ricorda:

“…un passo che avevo letto in Dostoïevsky…qualcosa di questo genere:

“Senza accorgermene mi ritrovai in un’altra contrada, era tutto come da noi ma dovunque irradiava un trionfo finalmente raggiunto.

Alberi grandi e belli si elevavano nella magnificenza dei fiori e i loro fiori innumerevoli – ne sono convinto - mi salutavano con il loro stormire dolce e tenero, come se pronunciassero parole d’amore. E poi, vidi i volti delle persone, felici, e venivano verso di me e mi accarezzavano.

Ognuno si sforzava di consolarmi senza farmi domande, sapevano già tutto.

Che visione sorprendente! Chi era l’autore? E perché mi è apparso quel quadro?

Senza accorgermene mi ritrovai in un’altra contrada, era tutto come da noi, ma dovunque irradiava un trionfo finalmente raggiunto.

Alberi grandi e belli si elevavano nella magnificenza dei fiori e i loro fiori innumerevoli mi salutavano con il loro stormire dolce e tenero, come se pronunciassero parole d’amore.”

 

Ricordo… Hubert Robert

Oli del paesaggista francese, si entra nei quadri e si cambia dimensione. Diciottesimo secolo, in Russia regnava una zarina poco nota, la zarina Ioannovna, tutto doveva ancora accadere, gli Stati Uniti non c’erano, del Giappone nessuno sapeva nulla, la Révolution française un mirage trés loin ma … cosa c’era, allora?

“Nasceva, nel 1730…no no … nel 1733, un uomo dallo … sguardo dolce, occhi grandi e radiosi, un portamento calmo e naturale…”

A 21 anni a Roma per studiarne le rovine. 

“L’amore del bello, l’amplificazione del bello, l’amore per l’antichità.”

Era il tempo dei viaggi in Italia, Stendhal, Goethe, era il paese dove fioriscono i limoni

“Le antiche rovine, la morte dell’architettura antica non ha bruttezza, solo una semplice tristezza che tutti capiscono.

Le rovine … si può guardarle all’infinito e questo, senza dubbio, ci guarisce dall’orgoglio. L’architettura, un angolo per guardare luce ed ombra, un raggio brillante di sole che entra e un crepuscolo grigio d’inverno.”

La macchina percorre lenta le tele, il fraseggio al pianoforte di Vladimir Persov accompagna, i colori sono densi e sfumati, vivi come in una luce di crepuscolo, ci muoviamo fra colonne corinzie e plinti coperti di muschio, entriamo in atri marmorei rischiarati da mille candele guizzanti, le sale del Museo di Pietro il Grande, immenso palazzo di eleganza leggera nel bicromatismo di bianco e di verde, in fondo alla prospettiva Nevskij, affacciato sul Baltico alla foce della Neva

“…un fiume potente, che inonda la città più volte l’anno.”

La voce ci avverte:

“Non crediate, quegli archi, quei paesaggi, non sono reali, è tutto inventato. E’ il fascino di un tempo in cui arte e idee convivevano, il bello trionfava”

Torna la domanda:

“Quando tutto questo è stato creato? Il corpo della pittura di Hubert è la sua pelle, viva. Quel corpo respira, ed è spesso malato”.

Hubert lasciò un numero enorme di tele e molte di grandi dimensioni, dal pavimento al soffitto, “… e non c’era alcuna vanità in questo, solo una grande maestria ed un amore tenero per l’architettura”.

Nuvole di nebbia si alzano dietro un arco di pietre quadrangolari, chiudono lo sfondo di una prospettiva impossibile, “giorno dopo giorno la vita fluiva, gli anni passavano, egli aveva già gloria e denaro e successo, tutti lo amavano, aveva un carattere facile, un umore gaio, aveva vigore e capacità…

Un’ombra è caduta sulla sua vita.

All’improvviso, uno dopo l’altro, tutti i suoi figli sono morti, Gabrielle, Adélaide, Charles e Adéle.

Napoleone sale al potere, manda via Hubert e la sua donna dall’appartamento al Louvre che amavano tanto, dove erano vissuti più di 25 anni.

Nel 1808  Hubert morì vicino al suo cavalletto di pittore, forse perché la vita era finita.

Sì, aveva finito di giocare al vecchio gioco, solo il profumo degli alberi in fiore è rimasto”.

Ebbe un soprannome, Robert des Ruines

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

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