Regia di Agnieszka Holland vedi scheda film
Una storia polacca di oscurità, che, nel 2012, ha ottenuto la nomination al premio Oscar. Il buio è quello delle fogne della città di Lvov. Nelle quali, nel 1943, durante l’occupazione nazista e il conseguente svuotamento del ghetto, trova rifugio un gruppo di ebrei. A procurare loro quel nascondiglio, guidandoli attraverso il sudicio labirinto dei condotti sotterranei, è Leopold Socha, detto Poldek, un idraulico del comune, che all’occasione è anche topo d’appartamento. Dietro un regolare pagamento, effettuato dal ricco Ignacy Chigher, procura loro assistenza, cibo e generi di prima necessità, proteggendoli dalle minacce esterne. Gli eventi raccontati sono realmente accaduti. A ricordarli, nel libro The Girl in the Green Sweater, edito nel 2008, è Krystyna Chiger, la figlia di Ignacy, che allora era soltanto una bambina impaurita e incredula. In quel luogo fetido e infestato dai topi trascorrerà quattordici mesi. Il film di Agnieszka Holland, però, non intende essere la solita cronaca di una lotta per la sopravvivenza. La sua opera vuole fare della claustrofobia una metafora dell’assurdità dell’odio, che toglie aria, luce e spazio alla vita, per strangolarla in una cecità senza sbocchi. Se l’immagine dei campi di concentramento evoca l’idea del genocidio, dello sterminio di un popolo, la vista di singoli individui costretti a restare acquattati sotto il manto stradale, in mezzo alla sporcizia più ripugnante, dà il senso dell’esistenza umana buttata via, crudelmente sacrificata per un cinico capriccio ideologico, e ridotta a mangiare la polvere di una follia assassina. Un tombino è l’unica via di comunicazione col mondo, peraltro impraticabile, per chi, uscendo, rischia di essere immediatamente catturato o ucciso. Il semplice fatto di esistere diviene una faccenda disprezzabile e dunque clandestina, per quell’umanità confinata in un universo viscido, invaso dai liquami e dai rifiuti, in cui non ci si sente la terra sotto i piedi, né si può vedere il cielo sopra la propria testa. I protagonisti di questo incubo sono ritratti come ombre di carne terrosa, anch’esse, d’altronde, inerti ed informi come mucchi di immondizia, poiché per loro resistere significa stare in silenzio, non produrre suoni, né odori, né desideri, e soffocare perfino l’amore. Il cinema, per l’ennesima volta, sfida audacemente l’invisibilità, facendone, in questo caso, una suggestione penetrante, che perfora lo sguardo con l’intensità dell’umiliazione che ha toccato il fondo. Il racconto è tutto lì dentro, in quella piccola folla di gente che cerca di continuare a pensare al domani, anche se non vedrà sorgere il sole: là sotto viene meno anche la percezione del tempo, annullata dalla monotonia di una tensione che non si allenta e di una routine che non ammette variazioni sul tema. In questo film la Storia non c’è, nessuno tiene conto del passare degli anni: l’ambiente circostante, in effetti, è totalmente desertificato, poiché il passaggio della guerra ha creato un enorme vuoto, attraversato da sporadiche schegge di violenza a cui è difficile sfuggire. In quella insidiosa desolazione, Poldek si aggira col suo fido assistente Szczepek, andando incontro a tanti inattesi pericoli. Il caso è nemico di chi opera in maniera proibita e nascosta: Poldek e le persone che a lui si affidano rischiano mille volte e mille volte miracolosamente si salvano, ed è questo l’unico elemento romanzesco di una storia che, per il resto, ha come unico riferimento la realtà, quando diventa avara e crudele oltre ogni limite.
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Mi piace la tua opinione che dice tutti gli aspetti del film. Particolarmente raccapriccianti sono le scene iniziali di tutte quelle donne nude, di notte, che corrono nella campagna spinte dalle guardie e dal latrare dei cani verso il luogo del loro massacro e lasciate li, corpi nudi ammucchiati, come spazzatura. Quando vedo questi film sulla shoa mi chiedo sempre come mi sarei comportato io in quelle situazioni. Cioè se vedendo accanto a me un indifeso e innocente bambino che deve essere caricato su un treno per essere ucciso che avrei fatto. Mi sarei girato dall'altra parte e lo avrei aiutato a costo della vita? A volte persone che sembrano insignificanti come il nostro idraulico del film o come Batignol trovano il coraggio di comportarsi da uomini! Comunque siamo stati fortunati a non aver incrociato quel tempo e quegli orrori. Un caro saluto
Caro fratellicapone, grazie per la riflessione. Le tue considerazioni ruotano intorno ad un interrogativo fondamentale, che riguarda il significato dell'essere uomini, per noi stessi e nei confronti degli altri. Quante volte ciò che sentiamo, in termini di coscienza morale e di trasporti emotivi, si traduce coerentemente in gesti concreti e in scelte consapevoli? La nostra natura di creature pensanti ci aiuta veramente ad operare razionalmente? O ci pone più che altro difficili dilemmi, che tendiamo troppo spesso a liquidare nella maniera più comoda e superficiale? Distogliere lo sguardo è, in questo senso, una vile misura preventiva. Un caro saluto da OGM.
Caro OGM, però per vedere come siamo fatti veramente, aldilà delle affermazioni di mero principio, bisogna vivere quegli eventi e solo allora sapremo se siamo uomini accettando il rischio e il pericolo di scelte coraggiose che salvano la nostra dignità oppure, di fronte al pericolo, vince la pavidità come accade nella maggioranza delle persone. Siamo stati ben fortunati a non dover affrontare queste prove supreme! Un saluto da Palermo
Com'è vero, caro fratellicapone, che noi, nella nostra attuale situazione, possiamo solo limitarci alle enunciazioni di principi. Siamo infatti abituati a considerare come scontato il fatto di poter uscire di casa senza rischiare nulla, certi che la nostra vita non è in pericolo, e che la nostra libertà di movimento è illimitata. Questa tranquillità fa parte dei beni fondamentali che - come la salute - ci appaiono in tutta la loto importanza solo quando cominciamo a perderli, o a vederli minacciati. Teniamoceli stretti, dunque, dedicando loro un pensiero, ogni tanto (come stai facendo tu), e ricordando che, se li trascuriamo troppo, un giorno potremmo trovarci a doverli difendere combattendo. In quel momento scopriremmo davvero chi siamo, uomini realmente liberi nell'anima (e quindi ribelli e coraggiosi), oppure semplici individui affiliati al gregge, incapaci di guardare oltre l'anonima sagoma della propria ombra sul terreno, muta e incolore, ed uguale a mille altre. Grazie ancora per la parentesi di riflessione, e un carissimo saluto da OGM.
Film durissimo con alcune scene ai limiti della sopportazione come il parto nelle fogne....consigliato a tutti....intendo tutti a quelli che amano veramente il cinema...gli altri si guardino i cinecomics...
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