Trama
Durante la Seconda guerra mondiale, molti ebrei per sfuggire alle persecuzioni si rifugiano nelle condotte fognarie delle grandi città, costituendo tra topi e rifiuti dei fitti labirinti di cunicoli sotterranei. Nei pressi di Lvov, in Polonia, l'operaio e piccolo ladro Leopold Socha cerca di sopravvivere, guardandosi le spalle anche dalle persone che incontra: è un ebreo cattolico e ogni contatto sia con gli altri ebrei di religione differente sia con i nazisti potrebbe mettere a repentaglio la propria vita e quella della moglie e della figlia. La situazione si aggrava ancora di più quando Leopold decide, sotto compenso, di aiutare un gruppo di ebrei a nascondersi dall'arresto.
Approfondimento
UN LADRO EROE
Nel corso degli anni molti libri e molti film hanno raccontato l'Olocausto, passando in dettaglio tutto ciò che poteva essere analizzato ma senza mai chiedersi come sia stato possibilile che quest'orrendo crimine, che ha avuto numerosi echi anche negli anni a venire (basti pensare a quanto successo in Bosnia o Ruanda), sia stato commesso senza che nessuno sia intervenuto per fermarlo. Da questo presupposto è partita la regista Agnieszka Holland, ponendo l'accento sull'oscura verità che spesso contraddistingue la natura umana. Studiando le tante storie del periodo, infatti, la regista si è resa conto che nell'incredibile varietà dei destini in gioco le persone affrontano difficili scelte morali che mettono in risalto proprio il meglio e il peggio dell'indole dell'uomo. Una di queste storie è proprio quella di Leopold Socha, legata al destino del gruppo di ebrei del ghetto di Lvov, che per sopravvivere si nascondono nelle fogne della città. Leopold è un personaggio ambiguo: buon padre di famiglia all'apparenza, è nella realtà un ladruncolo e un truffatore, timorato di Dio e immorale al tempo stesso, dimostrandosi un normale essere umano che vive in tempi terribili piuttosto che un eroe, un uomo comune che ha fatto delle scelte cruciali per determinare delle azioni straordinarie. È solo durante il corso della sua vicenda che mostra una crescita che si manifesta in vari modi, rischiando anche la sua vita e quella dei suoi cari per difendere degli emeriti sconosciuti: non vi è niente di facile o di sentimentale nel suo viaggio, nella sua personale odissea. Il gruppo di ebrei che è chiamato a salvare non sono degli angeli. La paura, le condizioni terribili e il proprio egoismo li rendono difficili da gestire e spesso insopportabili e, nella loro realtà imperfetta, si allontanano dalla versione idealizzata delle possibili vittime. Vivono al buio e in isolamento, tra la puzza e il bagnato, per un anno intero e ciò contribuisce a creare una tensione palpabile che la Holland ha voluto trasmettere allo spettatore con un taglio realistico e intimo, una tensione che diventa metafisica quando negli occhi dei personaggi si avverte il disagio per aver smarrito ogni fede nella presenza di Dio.
NESSUN VITTIMISMO PER LE ATROCITÀ
La storia di Leopold era stata già raccontata nel libro Le fogne di Lvov, scritto da Robert Marshall e pubblicato nel solo 1991, senza essere però ristampato negli anni seguenti. Raccontando ogni aspetto del dramma, il libro presentava un eroe imperfetto, una nervosa frammentazione della suspense, tracce di romanticismo e di una straziante tragedia che rendevano reali e quasi palpabili tutti i personaggi coinvolti nella disperata situazione. Ciò che colpiva, era anche il fatto di poter rintracciare tra le righe anche diversi toni e situazioni da commedia, che suonavano ironici e beffardi. Si racconta, ad esempio, che Leopold non rinuncia alla sua attività di ladro neanche nelle situazioni più estreme come quando rapina la gioielleria dello zio di Paulina Chiger, una degli ebrei che stava proteggendo. Nell'adattare il libro al grande schermo, però, sono state fatte due scelte essenziali ma molto critiche. Innanzitutto, i caratteri ebrei non presentano mai tratti morbidi da vittime predestinate. Questo perché la loro stratificazione sociale era molto gerarchica e presentava divisioni di classi molto marcate tra coloro che appartenevano alla borghesia e quelli che invece facevabo parte del popolo basso, divisioni che si ripercuotono inevitabilmente durante l'anno trascorso nelle fogne. La seconda scelta, invece, è stata limitare al massimo le rappresentazioni delle atrocità commesse dai nazisti: grazie a film come Schindler's List (1993), il pubblico già conosceva bene cosa era accaduto e, poi, per non mancare di rispetto a chi quelle atrocità le aveva vissute sulla propria pelle. Per esigenze narrative, poi, si è ricostruita la vita di Leopold, ricavando gli elementi utili dalle poche informazioni che il libro conteneva. In alcuni casi, si è provveduto anche a inventare alcuni personaggi o alterarne altri ma lo spirito di fondo, capace di ricreare alla perfezione la situazione dell'epoca, non è mai stato tradito, tanto che dopo aver visto il film Krystyna Chiger, unica persona ancora in vita del gruppo degli ebrei di Lvov, ha approvato il progetto in toto, trovando anche azzeccata la scelta di far recitare il film in sei lingue differenti (più un dialetto), che ricreano perfettamente anche le diverse origini geografiche e culturali degli ebrei nelle fogne.
UN MONDO DI TENEBRE E ACQUA
Come suggerisce il titolo stesso del film, il buio e la luce sono elementi essenziali della storia, tanto da divenirne protagonisti. Il compito cruciale del direttore della fotografia era quello di mostrare l'impotenza della luce stessa secondo tre considerazioni non banali: il buio doveva rendere metaforicamente la situazione che hanno vissuto gli ebrei durante l'Olocausto e allo stesso tempo doveva avvolgere lo spettatore per permettergli di provare i sentimenti dei protagonisti, come se fosse lì con loro, mentre la luce aveva il compito di avvolgere il personaggio di Leopold, caratterizzandolo con un'illuminazione diversa e utile a rimarcare la sua figura di anomalo salvatore. Ricostruire nel dettaglio i cunicoli delle fogne, invece, era essenziale per restituire tutte le emozioni coinvolte nella storia. Simbolo di speranza, paura e amore, le fogne erano al contempo un riparo e una trappola mortale. Poiché girare in vere fogne sarebbe stato alquanto pericoloso e tecnicamente impossibile, si è optato per una ricostruzione in studio, creando un sistema di labirinti in uno spazio molto piccolo, con diversi tratti di gallerie per evitare di ritrovarsi a girare sempre nello stesso punto. Inoltre, il requisito fondamentale per la costruzione del set era che fosse resistente all'acqua, presente sottoforma di piccoli torrenti, che possono raggiungere anche un metro di livello in caso di pioggia, e protagonista del punto in cui la storia volge al culmine.
Note
Ad Agnieszka Holland, regista di questa pellicola polacca candidata agli Oscar come Miglior Film Straniero 2012, va riconosciuto il merito sia di aver girato quasi completamente nel buio dei labirinti sotterranei sia di aver restituito agli ebrei una corporeità che fino a questo momento, persino al cinema, è sempre stata sfumata rivendicando proprio quell’umanità che i nazisti hanno provato a negare.
Trailer
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.
Commenti (3) vedi tutti
Un film molto duro e alternativo nella persecuzione agli ebrei. Girato quasi esclusivamente nelle fogne con alcune scene ai limiti della sopportazione...dovete vederlo.
commento di ezioUn film originale nel panorama shoah. Intelligente e ben fatto 8
commento di BradyEccellente pellicola. Voto 9
commento di nissaki66