Regia di Bibo Bergeron vedi scheda film
Ambientato a Parigi nel 1910, l’anno dell’esondazione della Senna che inondò la città, Un mostro a Parigi racconta di Francoeur, pulce ingigantita a dimensioni superumane e dotata di cuore sincero e talento per la musica. Mentre buona parte della città gli dà la caccia, una cantante si invaghisce di lui e cerca di salvarlo. Tra i comprimari spicca un proiezionista appassionato di Méliès, che vorrebbe diventare regista e i cui sogni cinefili aprono il film. Un mostro a Parigi, pur se giunto da noi con un anno di ritardo, spicca nell’animazione digitale continentale (ben più di Gladiatori di Roma 3D), anche se non raggiunge il modello americano: per esempio le strade sono troppo comodamente spopolate. Nonostante il look caricaturale dei personaggi, ispirato ai disegni di Franquin, pure lo humour stenta; in compenso il regista Bibo Bergeron, già autore di Shark Tale, sa raccontare una storia dal sapore classicamente parigino, integrando efficacemente i numeri canori nella narrazione. Il mostro-pulce è infatti una sorta di nobile Fantomas canterino, una versione mascherata di Aristide Bruant con voce (francese) di Mathieu Chedid, in arte M. In Italia è Raf a parlare e cantare per lui, duettando con Arisa anziché con Vanessa Paradis. Seppur la coppia è inferiore all’originale, trova una propria felice alchimia. Certo, sarebbe altra l’animazione francese da distribuire, su tutto Il gatto del rabbino, ma non per questo si può voler male a Un mostro a Parigi.
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