Regia di Anne Émond vedi scheda film
Discoteca. Giovani e ritmo. Musica a palla. Ragazzi che saltano. Poi invece solitudine: un portone scuro, una porta che si apre, due giovani che si toccano e iniziano a spogliarsi già nell’atto di varcare la soglia. Una passione carnale che nulla lascia all’immaginazione dello spettatore tanto la regista si preoccupa di documentare nella più intima e minuziosa delle riprese un atto sessuale che occupa i primi venti minuti della pellicola. Sesso schietto, vero, sentito, inevitabile, primi piani inequivocabili a suggello di una passione, una attrazione che sembra non possa finire mai ed è reale oltre i limiti di una sceneggiatura che comunque è sempre una imposizione per l'attore che è tenuto a rispettarla.
Si sono appena conosciuti Nikolai e Clara: nenche sanno i rispettivi nomi, ma convergono naturalmente e focosamente l’uno all’altra. Siamo nell’appartamento spoglio e un po’ cupo di lui, immigrato in una città canadese fredda e convenzionalmente ordinata: dopo la passione la stanchezza cede posto all’esuberanza: un materasso squallido posto direttamente al suolo ospita due corpi sudati e sfiniti dopo la passione. Nel cuore della notte la ragazza fa per alzarsi e lasciare la casa; una foto all’amante occasionale perchè in fondo era così carino e piacevole che desidera averne almeno un confuso ricordo; quindi cerca nel buio la porta per perdersi per sempre nelle strade della città. Nikolai tuttavia se ne accorge e la convince a tornare; non le nasconde l’amarezza che ha provato nel vederla sparire senza neppure avvisarlo; le confessa progetti o forse illusioni ben più serie e circostanziate che si era costruito mentalmente e forse in sogno dopo quel rapporto: rivederla in altre circostanze, condividere con la donna momenti di vita più disparati e persino un po' banali, ma proprio per questo veri e reali; nasce una lungo contraddittorio in cui le personalità complesse dei due giovani si ribaltano e dove in particolare la sicurezza spavalda e quasi fiera della ragazza cede piano piano e gradatamente il posto ad una insicurezza irrimediabile che è la ragione delle frequenti relazioni estemporanee e di una abituale promiscuità sessuale che la lascia sempre più vuota e irrisolta, più insoddisfatta di sempre.
Inizio, fine o prosecuzione di una storia d’amore in una pellicola molto intima che ti rende partecipe e voyeur nello stesso tempo, che ti invoglia quasi a prendere posizione e a dire la tua su un rapporto nel quale è facile che ognuno di noi possa identificarsi, per ruoli e situazioni, perché ormai tutto si ripete e alla fine la storia è sempre la stessa: l’essere umano non sa stare solo, ma si ritrova molto più spesso di quanto non creda ad anelare una solitudine salvifica che gli permetta di prendere fiato e riorganizzarsi. Scopriamo anche altre cose, soprattutto di Clara: il fatto che insegni in una scuola elementare, un lavoro che l'appassiona ma non la rende immune da critiche per il suo abbigliamento poco consono al ruolo istituzionale. Ma Clara è così per natura: in fondo le piace l'emarginazione alla quale si costringe, mentre Nikolai, emigrante che ha sopportato chissà quali disagi e difficoltà, la combatte come uno spettro oscuro e agghiacciante.
Un film intenso, morboso, molto parlato dopo la lunga scena di sesso iniziale a cui accennavo poco sopra: un dialogo ininterrotto in un francese con inflessione canadese che mi costringe ad uno sforzo particolare, comunque premiante per una pellicola che ha il coraggio di non fermarsi al primo ostacolo di un perbenismo e di una correttezza formale che sono gli aspetti contro cui in fondo si batte, che contrasta con fierezza e un certo ostinato coraggio.
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