Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film
La madre fa l’attrice a Broadway, il padre lo sceneggiatore a Los Angeles. Lei, Lisa, ha 17 anni e una vita da normale adolescente privilegiata. Vuole acquistare un cappello da cowboy, di quelli che in Texas si sprecano ma nell’Upper West Side newyorchese sono merce rara. Il conducente di un autobus lo sta indossando, lei lo coinvolge in un dialogo che lo distrae dalla strada. Un semaforo rosso, una donna che sta attraversando: morirà tra le braccia di Lisa. La coscienza - di una ragazza interrotta, di una città ferita - è il fulcro dell’opera seconda di Lonergan, che per Conta su di me (2000) era stato nominato all’Oscar. Margaret arriva nelle sale con un ritardo impresso sui volti degli interpreti: dalla protagonista Anna Paquin ai comprimari. Girato nel 2005, ha avuto un montaggio a dir poco travagliato. Ma non è affatto anacronistico. È un film viscerale, che si nutre d’arte - Margaret è la bambina addolorata cui si rivolge G. M. Hopkins nel poema Spring and Fall - ma non si posa sulla superficie liscia (e scivolosa) dei libri. Anzi si getta nel cuore del trauma per 150 minuti, tutti necessari. Lo strazio di Lisa abita registri diversi, fagocita gli adulti con innocenza e brutalità, sale e scende da un palcoscenico metaforico di cui è protagonista (o attrice?) per implodere nella platea di un teatro reale. Margaret è la miglior prova della Paquin e la gestazione di un peccato irredimibile, in irrisolto equilibrio tra il senso di responsabilità e l’ammissione di colpa.
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