Regia di David Frankel vedi scheda film
Possibile definizione di birding: passione per lo studio, l’osservazione e il riconoscimento (visivo e uditivo) dei volatili in natura. Ma «non paragonarlo al golf. Il golf è un hobby», il birding qualcosa di più. Tanto che un manager sull’orlo costante del pensionamento, un neodivorziato frustrato e un campione con l’assillo del primato decidono di mettere tra parentesi la propria vita e partecipare a un’impresa: la Grande Annata. 365 giorni, dunque, e un obiettivo competitivo: avvistare il maggior numero di specie possibili. «Solo gli americani potevano trasformare il birdwatching in una gara». Che, ovviamente, si trasforma in un banco di prova esistenziale. Il cinema, oggi, è ossessionato dall’iperspecializzazione, dalla parcellizzazione alienante del sapere, dai nerd, dai superesperti e dal loro autistico micromondo. E così Un anno da leoni. Che non ha niente a che vedere con le notti a cui il titolo italiano allude per racimolare qualche euro: qui l’ipotesi è di una commedia adulta, agrodolce, anche se i risultati concreti, infine, sconfortano. Perché non bastano Owen Wilson, Jack Black e Steve Martin ad animare uno script automatico, che giunge esausto alla morale finale, che mai è capace di coinvolgere, che non fa ridere, ma nemmeno sorridere. Quella che doveva essere una paradossale, eccentrica commedia avventurosa sul birding, è solo un oggetto arrancante: indaffarato, sì, ma ad ammorbidire nella prevedibilità le sue sgangherate premesse.
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