Regia di Ben Wheatley vedi scheda film
Il britannico Ben Wheatley prima del cinico, divertente e cattivo “Turisti”, uscito da poco nei cinema francesi, si è fatto notare con due altri lungometraggi, piuttosto diversi per stile e generi, ma ugualmente “cattivi dentro”, e accomunati tutti e due, anzi tutti e tre contando l'ultimo, dalla presenza di una umanità sgradevole e ostica, con personaggi folli, autodistruttivi, violenti e impulsivi nei confronti dei quali è difficile provare condiscendenza, partecipazione o sentimenti diversi dalla repulsione e dallo sgomento. Sto parlando di Down Terrace del 2009, ma soprattutto di questo Kill list del 2011. Un film dalla personalità multipla e complessa, che muta col trascorrere del tempo con una rapidità camaleontica sorprendente. Si comincia col dramma familiare quasi loachano in cui due coniugi affrontano le problematiche, economiche e non, che derivano dall’inattività per oltre otto mesi del capo famiglia. Due coniugi trentenni con pargolo di otto anni, lui inglese, apparentemente tutto casa, lavoro (insomma...) e famiglia, lei ucraina platinata ed emancipata con macchinone, che vivono in una bella casa in un quartiere residenziale, con Jacuzzi in giardino,ma che affrontano con scatti di nervosismo e tensioni fulminanti quello stato di carenza di liquidità per loro così inconsueto e che alimenta problematiche di convivenza che esulano dal problema specifico e favoriscono il dilagare della crisi di coppia.
Per fortuna l’invito a cena offerto ad un caro amico e collega di lui offre al padrone di casa una via per il riscatto. Tra l’altro scopriamo proprio in questa occasione che l’uomo di professione fa il killer, e che nel compiere il suo lavoro, vive le sue missioni con una accesa motivazione, che lo rende spietato, metodico e risolutorio senza remore né ripensamenti. L'incarico è misterioso e poco chiaro, non solo per lo spettatore, ed ecco che il film comincia a cambiare genere, assumendo tonalità che passano dal giallo al noir più cupo e sanguinolento, con scene disturbanti a suon di teste massacrate con martelli, arti flagellati con svariati oggetti contundenti.
Poi, grazie ad un intervento misterioso della fidanzata dell’amico, che appone una sinistra croce dietro uno specchio di casa dei protagonisti, ecco che il film, non sempre molto comprensibilmente, vira verso l’horror satanico più puro e terrificante, quello in cui la setta malefica ti vede ovunque ti nascondi e ti insegue senza sosta costringendoti a fare la fine del topo. Questa parte finale, a tratti davvero terrificante, è a mio avviso la più riuscita di un film comunque notevole e degno di interesse, che conferma tra l’altro la validità di un regista che non prova timori a rappresentare la follia umana nei suoi livelli più shoccanti ed inauditi. Nell’ultima mezz’ora siamo dalle parti di quello spendido gioiellino anni ’70 di “In corsa col diavolo” di Jack Starrett, dove anche qui la corsa è affannosa, incessante, ma inesorabilmente senza esito. Con un finale devastante, ma in fondo il più logico a cui potesse condurre un delirio di trama del genere.
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