Regia di Guido Brignone vedi scheda film
Lui e lei si amano. Lui in un incidente rimane cieco, lei canta (di nascosto) in un night per rimediare. Lui, tornato vedente, lo scopre e la lascia. Ora ha lei un incidente e rimane gambizzata. Lui capisce l'errore commesso, torna con lei e un miracolo le ridona l'uso delle gambe.
Il melodramma all'ennesima potenza: due amanti vengono investiti da una fitta serie di disgrazie e bruschi capovolgimenti di sorte che si susseguono imperterriti, noncuranti delle minime basi logiche necessarie alla trama, fino a un imprevedibile - fuori di ogni sarcasmo, si capisce - lieto fine. Che non è, come risaputo, il piatto forte del genere: eppure c'è anche quello, dopo gambizzazioni e cecità a random, il tutto mescolato con uno smodato senso del pudore e dell'onore che riportano a un'Italia ormai antiquata, superata nei fatti dalla realtà contemporanea del secondo dopoguerra (quantomeno nelle grandi città). Questo è Noi peccatori, simil-Matarazzo (con meno grazia rispetto al rinomato Maestro del genere) diretto da un artigiano del cinema popolare quale Guido Brignone, attivo fin dagli anni Dieci e giunto ormai alle sue ultime prove sul grande schermo, per quanto affatto stanco. Il lavoro di per sè è infatti accettabile sul piano formale: sono i contenuti che lasciano parecchio a desiderare, pregni di un vetusto moralismo in forte odore di cattolicesimo che, come già rilevato, forza la tenuta logica della storia. Yvone Sanson è l'adeguata protagonista femminile del lavoro; accanto a lei l'americano Steve Barclay e ancora Tamara Lees, Marc Larence, Evi Maltagliati, Carlo Sposito e in un ruolino Attilio Dottesio. Brignone si occupa anche della sceneggiatura, con Alessandro De Stefani e Carlo Musso, da un soggetto di Decio Fittajola. 2,5/10.
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