Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Una provocazione targata Almodóvar. L’allora ventinovenne regista spagnolo utilizza i riferimenti biblici per riportare il sesso alla dimensione mitologica e pagana della tradizione greca, con elementi bucolici e sacrificali. Nella Salomè che esegue la danza dei sette veli per Abramo (anziché per Erode) si mescolano Vecchio e Nuovo Testamento, e la sovrapposizione di una musica da corrida suggella il carattere atemporale della scena: un rito di seduzione che vive fuori dalla letteratura e dall’arte ed è interamente riconducibile ai meccanismi naturali. I movimenti della donna (che è una semplice ballerina, e non una principessa) sono audaci, ma privi di grazia, e presentano tratti primitivi, goffamente selvaggi, e quindi totalmente terreni. Lo stesso ambiente pastorale risulta spogliato della tipica poesia: il paesaggio è brullo, arido, sassoso, illuminato da una tiepida luce crepuscolare che offusca lo sguardo, ma è troppo fioca per accendere l’immaginazione. Il Dio in cui crede Abramo, d’altra parte, è quello il cui nome si usa tranquillamente invano, per giurare con leggerezza e formulare promesse che non possono essere mantenute. D’altronde quello stesso Dio è un’entità multiforme, che si incarna in tanti modi, come Giove, e può addirittura assumere la veste di un tentatore, come Satana. Il rogo dell’olocausto vede il suo ruolo liturgico messo sottosopra: non è più l’altare dal quale l’uomo invia le sue preghiere al cielo, bensì il pulpito che diffonde i messaggi divini. Ogni atto punta verso il mondo di quaggiù, dove la trascendenza è leggenda, e la fede si riduce alla timorosa obbedienza ad una magia riconosciuta come superiore, fosse anche la forza ammaliatrice di una figura femminile. L’idea di utilizzare il personaggio di Salomè a scopo di dissacrazione non è nuova: Almodóvar l’ha presa in prestito da Oscar Wilde. Tuttavia questo intermezzo agreste a base di carne, sangue e fuoco, pur nei suoi evidenti limiti stilistici, è un originale concentrato di blasfemia, costruito in maniera tale da ammettere, come lettura alternativa, quella che ne fa un compendio metastorico di ecumenismo religioso.
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