Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
Da parecchio tempo non vedevo film del maestro giapponese Kenji Mizoguchi, e ho recuperato in questi giorni con "Storia dell'ultimo crisantemo" di cui è disponibile una discreta copia su Youtube. Sicuramente non è uno dei suoi film più conosciuti da noi, vista anche la presenza di una sola recensione sul sito. E' la storia di Kikunosuke, giovane attore figlio adottivo di Kikugoro, affermato interprete del teatro Kabuki che vorrebbe che il figlio percorresse la sua stessa strada, ma a dividerli sarà l'amore di Kikunosuke per Otoku, una ragazza di condizione sociale inferiore che gli aprirà gli occhi sulla sua incapacità iniziale e lo spingerà a perfezionarsi sempre più, staccandosi dal padre, anche se questo comporterà un sacrificio quasi totale da parte della donna. E' un film girato con lunghi piani sequenza che arrivano perfino a cinque o sei minuti di durata, decisamente insoliti per l'epoca, anche se nelle scene di rappresentazione teatrale Mizoguchi ricorre ad un montaggio più serrato. Oltre alla durata dei long takes, il film si distingue anche per l'utilizzo di campi lunghi e inquadrature distanti, talvolta accompagnati anche da movimenti di macchina dall'evidenza quasi "ophulsiana", comunque raffinati e al servizio di un'estetica precisa (qualcuno sostiene che la distanziazione fosse dovuta al non voler mostrare in primo piano l'attore protagonista, che in realtà era molto più vecchio rispetto alla parte che interpreta). Si tratta ovviamente di un film femminista che mostra con grande rilievo l'amore e il sacrificio della donna, anche se il punto di vista interno alla storia è quello di Kikunosuke e nel calvario di Otoku si ravvisa una sorta di antesignano di quello di O-Haru, che nelle scene finali non può non risultare straziante per lo spettatore. Nel complesso, infatti, il film ha un'indubbia rilevanza estetica che anticipa quella dei capolavori degli anni 50: la durata di 143 minuti è molto superiore a quella di altri film girati in quegli anni da Mizoguchi, alcune sezioni del racconto sono forse trattate in maniera un po' frettolosa, ma i meriti formali restano comunque elevati, la maestria di molte soluzioni linguistiche è innegabile, quindi resta un film da mettere pienamente all'attivo del maestro.
voto 9/10
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