Regia di Ian Fitzgibbon vedi scheda film
I graffiti di Donald sono immagini rabbiose e sognanti. La sfida supereroica che rappresentano ci riporta ad una partita a scacchi giocata tra un cavaliere ed un individuo dal volto pallido a cui nessuno può sfuggire. Come nel film di Bergman, il bianco e nero torna a segnare i contorni taglienti di un crepuscolo che è la fase più feroce e ombrosa di una guerra disperata. Come quella di un adolescente contro una forma tumorale che non perdona. Donald non ha ancora compiuto diciotto anni (né li compirà mai) e non ha ancora avuto modo di conoscere la vita. Per questo motivo la può solo immaginare, tinta delle fosche tonalità delle tentazioni tanto proibite quanto irraggiungibili: nei suoi disegni, dark ladies dalle forme provocanti lambiscono il suo corpo debole e malato, pietrificato in un grigiore metallico, e recante, quale unica nota di colore, un cerchio rosso sangue, tracciato sul petto come il marchio di un’inappellabile condanna. La fantasia materializza il dolore e la paura in macchie dal profilo zigzagante, i cui brandelli sono strappati con i denti alla luce, e proiettati con violenza nell’abisso di un male senza fondo: nel dinamismo esplosivo e sfrangiato di quelle figure si avverte il risucchio da cui Donald, tante volte, si è sentito trascinato, stando in bilico sulla balaustra di un ponte, o fermo sui binari davanti a un treno in arrivo. La fine lo chiama, e lui risponde con la stessa voce sinistra, che alterna i silenzi della resistenza passiva alle urla della lotta senza quartiere. In lui, l’arte è inchiostro spruzzato per dire io non ci sto, tu prova a prendermi, per negare all’avversario l’onore della vittoria, sbattendogli in faccia il ritratto della sua indescrivibile bruttezza. Donald, con la sua apparente remissività, che nasconde la profondità di una macabra meditazione, dimostra che quell’indicibile orrore è una materia sì ripugnante, ma nella quale si può continuare ad immergere le mani e la mente, portandone poco a poco in superficie gli aspetti più crudi ed inspiegabili. Quel ragazzo non è il solo a fare della morte un termine di confronto, un oggetto di studio, un antagonista di cui spiare le mosse. In questa missione al limite gli fa compagnia un uomo maturo, che ha perso la moglie, e di professione fa il tanatologo: un medico che aiuta le persone che hanno paura di morire, per citare la definizione che egli dà di sé. Anche la sua esistenza è esteriormente vuota, però è piena della ricerca di ciò che è destinato a restare eternamente inafferrabile. La sua lezione per il giovane è un invito ad attaccarsi a ciò che rimane: ai momenti intensi ed importanti che la vertiginosa corsa del tempo non può cancellare. Tra questi, c’è l’esperienza della passione che fa tremare il cuore, del primo bacio scambiato ad occhi chiusi su uno scoglio in riva al mare. È una meravigliosa illusione che necessita di un solo secondo, però dura per sempre. Quell’uomo vorrebbe insegnare a Donald a cogliere l’attimo che gli appartiene, che arriva appositamente per lui, anziché rassegnarsi a stare guardare con tristezza, come una cosa che non potrà mai essere sua, la vita che gli altri, tutto intorno, stanno vivendo. Il destino gli può ancora riservare emozioni che lasciano il segno, se soltanto Donald avrà il coraggio di andare loro incontro. La donna dei suoi fumetti potrà diventare di carne ed ossa: una compagna di scuola col talento per la letteratura, oppure una raffinata prostituta pagata per iniziarlo all’amore. C’è un modo di concludere il discorso, nel quale l’ultima parola si scrive prima del punto finale. Donald ha continuato, troppo a lungo, a guardare nel vuoto del foglio che si estende al di là di quel punto. Death of a Superhero è un film che contrappone, alla precipitazione di chi, in preda al terrore, anticipa l’avvento dell’inevitabile, la lentezza di chi riesce a restare dentro al racconto, aggiungendo frasi su frasi, anche quando lo spazio sembra troppo stretto per poterne contenere di nuove. È il miracolo della vita interiore, che fa esistere i sentimenti nei luoghi più impensati: con la stessa forza creativa con cui si riempie la carta di tante, diverse forme dell’orrore, si possono leggere bellissimi versi poetici da una pagina desolatamente bianca.
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