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The Eye of the Storm

Regia di Fred Schepisi vedi scheda film

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La recensione su The Eye of the Storm

di OGM
8 stelle

L’ultimo film di Fred Schepisi, tratto dall’omonimo romanzo di Patrick White, è la storia di una fine che conclude tutto e chiarisce il senso. L’anziana Elizabeth Hunter è gravemente malata e sta per morire. Al suo capezzale giungono i suoi due figli, che la donna non vede da molti anni: sono Basil, che è divenuto un importante autore ed attore di teatro, e Dorothy, ex moglie di un principe. Fratello e sorella si preoccupano soprattutto delle questioni legate alla ricca eredità, ma il ritorno alla casa natia si rivelerà, per entrambi, il miglior modo per guardarsi dal di fuori e fare un bilancio della propria vita, rielaborando i ricordi rimossi. L’agonia della loro madre è il capitolo finale di una nostalgica decadenza, in cui la memoria, confusa dalle allucinazioni, si trasforma in una poesia surreale, incentrata sul gusto di attribuire alle cose un significato simbolico, e quasi magico. Un vestito, un anello, un ballo o una particolare canzone sono i simulacri di un'epoca che Elizabeth immagina eternamente presente ed infinitamente preziosa, come i momenti straordinari che, improvvisamente, interrompono lunghi periodi di insulsa routine.  Elizabeth, dal letto in cui è immobilizzata, ama giocare con i fiori rari e proibiti che, durante la sua esistenza, ha spavaldamente colto e gelosamente conservato. I suoi trofei sono i souvenir dei tradimenti che non ha esitato a commettere, e che l’hanno fatta sentire orgogliosamente unica. Questa eccentrica fierezza è il suo tesoro più grande, a fronte del quale non le importa di disperdere il proprio patrimonio a suon di regali e sprechi. L’egoismo, nel dare l’addio al mondo, si trasforma in una forza centrifuga, che distrugge per non  dover dare. I suoi figli ritrovano in lei la madre distante di un tempo, che li ha costretti a cercare altrove il modo di affermare la propria identità, attraverso scelte ambiziose ed alternative, che potessero renderli altrettanto “speciali”. Le loro strade li hanno condotti lontano, ma lungo un itinerario artificioso, segnato dalla finzione, come quella interpretata sulla scena, o quella che caratterizza un matrimonio d’interesse. Le delusioni sono state riscattate con una vanità che ha finito per sposarsi con la solitudine. Entrambi hanno perso l’opportunità di amare, forse perché non hanno mai osato incamminarsi per quel sentiero che Elizabeth aveva così selvaggiamente calpestato, precipitandosi verso il traguardo del piacere,  del senso di dominio, della malizia vendicatrice. Ora che lo scrigno di quelle conquiste è rimasto vuoto, anche Basil e Dorothy si scoprono nullatenenti, a riguardare un percorso esistenziale che è stato soltanto il tracciato della fuga da un’infanzia infelice, segnata dall’umiliazione. Allora si sarebbe potuto stare insieme, invece gli errori di Elizabeth hanno determinato la separazione, seminato il rancore, provocato il desiderio di cancellare tutto e ripartire da zero. Ricongiungersi, nell’attimo estremo, serve solo a mettere in luce tutto ciò che è stato irrimediabilmente perduto: la confidenza, l’intimità, la possibilità di esprimere i propri sentimenti con sincerità in seno alla famiglia, anziché soffocarli dolorosamente in silenzio, oppure indossare una maschera e buttarli al vento, come nel monologo di un pazzo. In questa storia,  il destino di ogni personaggio è vivere diviso da ciò che prova: per Elizabeth ciò sta avvenendo attraverso la progressiva perdita della lucidità e quella strana voglia di liberarsi degli oggetti personali che una volta venerava come feticci.  Di quell’idea di amore sfiorata col pensiero, ma travolta dagli eventi, si stanno dissolvendo anche le ultime ombre: è ormai troppo tardi per recuperare le occasioni mancate. È bastato lasciarsi distrarre, trascurando ciò che era veramente importante, per vedere la propria umanità azzerata da un turbine. Nell’occhio del ciclone c’è lei, che ha creduto di potersi salvare, mentre il resto veniva violentemente fatto a pezzi. Ha devastato tutto quello di cui si è circondata, fino al momento in cui non è rimasto niente altro che la sua persona da dare via.  The Eye of the Storm è un dramma frammentato, pieno di vuoti d'aria, di istanti di furia, di intervalli di apparente calma, di turbini che invertono la direzione del tempo; è una tempesta che frulla la sofferenza, scoperchiandone i lati più amari e nascosti. È un film che arranca e barcolla, sotto la spinta di un vento spietato e incostante, il quale lascia, dietro di sé, soltanto la pace senz’anima di una definitiva bonaccia.  

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