Regia di Mirca Viola vedi scheda film
L’esordiente Mirca Viola vorrebbe essere Özpetek e riesce a farlo sembrare un maestro assoluto. L’amore fa male, per dimostrarsi diverso da una fiction e darsi un tono adulto, si apre con un monologo idealmente trasgressivo, dove Stefania Rocca si finge una prostituta e dice compiaciuta parolacce. Ma se tutto il resto è di una pochezza disarmante, non basta mettere in bocca ai personaggi un po’ di «cazzo!» per realizzare un prodotto maturo, ed è gratuita una sola inquadratura - tra molte scenette di sesso - dove la Fleri si toglie frontalmente il reggiseno. L’intreccio corale è costruito su tre coppie in crisi, con grandi temi infilati a forza come l’omosessualità, l’handicap e più in generale le dinamiche tra i sessi. Tutto si scioglie nelle soluzioni più banali fino al trionfo della sacralità familiare e del
pensare ai bambini, con prefinale tutti in chiesa che nemmeno in una fiction di Rai1 e gli inevitabili passaggi, appunto ozpetekiani, della tavolata e del ballo. Diversi momenti gridano vendetta: il flash in bianco sul volto della Grimaudo per aprire un flashback; tautologie spacciate per profonde rivelazioni come: «Sarebbe bello raccontare la verità per non dire più le bugie»; un maldestro ralenti in un momento romantico. Si supera però ogni soglia quando, a un ragazzo che si fa una canna, una ragazza chiede: «Perché ti droghi?». Roba che nemmeno I ragazzi del muretto.
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