Regia di Salvatore Allocca vedi scheda film
Fu giornalista, scrittore, antifascista, anticonformista, viveur. «Tra poco sarò anche morteur» disse di se stesso Gian Carlo Fusco, scomparso nel 1984. Uno che la vita la trattava con ironia. E la prendeva a cazzotti, come quando da ragazzo combatteva sul ring. «Soprattutto prendeva un sacco di botte» si sente dire in questo documentario affettuoso e necessario. Ai tempi poteva capitare che i pochi denti che gli erano rimasti finissero dimenticati sul cofano di un’auto. «Si sfilava la dentiera in pubblico, con naturalezza». Quando si metteva a scrivere sapeva trascinare nelle sue storie sport e puttane. Scrisse Duri a Marsiglia, evocando romantici gangster, ma anche Mussolini e le donne. Era un outsider della cultura, come l’amico Bianciardi, con cui faceva a gara a chi la sparava più grossa. Inguaribile nottambulo e straordinario affabulatore, affamato di parole e assetato di grappa. Il regista Salvatore Allocca, classe 1983, gli rende omaggio attraverso le testimonianze di chi ha avuto la ventura e l’avventura di lavorarci. Dalla Aspesi a Bisiach, da Clerici a Tinto Brass. Per questo docufilm sceglie anche di ricostruire in b/n alcune delle sue intemerate, con un certo sfarzo, forse persino superfluo. Di Fusco restano le cronache di rosa e di nera. E alcuni romanzi, tra cui Gli indesiderabili, diventato nel 2003 un film di Pasquale Scimeca. Nelle note biografiche si nota anche qualche comparsata, come in Ku Fu? Dalla Sicilia con furore, dove rifila una craniata a Franco Franchi.
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