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Affairs Within Walls

Regia di Kôji Wakamatsu vedi scheda film

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La recensione su Affairs Within Walls

di OGM
6 stelle

Per Kôji Wakamatsu la violenza è il culto di una passione diabolica, segreta ed estrema come, in generale, sono le sensazioni legate all’intimità sessuale. Gli assassini agiscono sempre di nascosto, al pari degli amanti, e, come questi ultimi, vogliono che la loro opera lasci tracce permanenti, percepibili alla luce del sole: un gioioso ricordo scolpito per sempre nell’intimo, un cadavere su cui è impressa una smorfia di dolore. Segnare, in maniera indelebile, l’anima o il corpo, è l’unico modo in cui l’uomo possa prendere parte alla creazione dell’eternità.  Quest’idea, che verrà ampiamente sviluppata nella filmografia successiva, è già presente in questa sua opera della prima ora, soprattutto nell’introduzione, con la drammatica sequenza di fermo immagine che fissano i dettagli della scena di un delitto e del corpo della vittima. La vita, soprattutto quella di relazione, è una faccenda crudele, che si imprime nella carne e nello spirito, determinando non soltanto il destino dell’individuo, ma anche la sua identità morale. Zhao Miao, la giovane protagonista di questa storia, era in origine una brava ragazza di campagna, che viveva con i genitori e la sorella minore, e lavorava per mantenere la famiglia. Lo sfortunato incontro con un gruppo di teppisti, che la aggrediscono e la stuprano, provoca però, nella sua esistenza, una svolta fatale e irreversibile: avviata alla prostituzione da un suo parente, viene prima segregata in una casa di appuntamenti, poi, dopo l’arresto dei suoi sfruttatori, si trasforma gradualmente in una sordida seduttrice, che usa il proprio fascino per ottenere vantaggi dai suoi numerosi amanti. Questa deriva è interrotta soltanto da una breve parentesi sentimentale: assunta come operaia presso una fabbrica tessile, vive un romantico intermezzo amoroso con il figlio del titolare, per poi entrare le grazie di quest’ultimo, e scoprire un nuovo modo utilitaristico di gestire la propria femminilità. In questa fase diventa lei stessa la padrona della propria deriva, che la priva del sentimento vero, per farla naufragare nell’oceano del piacere effimero e della ricchezza facile. La donna oppressa passa dall’altra parte della barricata, e diviene un’antirivoluzionaria, che fa man bassa di beni materiali anziché lottare per valori ideali. Zhao Miao si così rende nemica del mondo intero, per quella avidità che non conosce limiti, e per l’estremo cinismo con cui gioca con le debolezze altrui. In questo modo umilia soprattutto l’orgoglio degli uomini, che si vedono ridotti ad oggetti di consumo o pezzi da collezione.  Il suo femminismo vendicativo fa di lei la perfetta dark lady, che ha impugnato, come un’arma micidiale, il rancore accumulato negli anni a causa dei numerosi torti subiti. Zhao Miao sa come uscire vincente dalle situazioni in cui il cosiddetto sesso forte è destinato a perdere, perché ancorato ad antichi schemi di natura patriarcale, e del tutto impreparato a quella singolare forma di rivolta. In Affairs Within Walls la provocazione sociale affiora, timidamente, fra le righe di un componimento ancora molto convenzionale, in cui l’elemento narrativo è ancora decisamente predominante sul ritratto psico(pato)logico. Manca, soprattutto, l’approfondimento artistico della dimensione istintuale, destinato a divenire la componente fondamentale della cinematografia di Wakamatsu. Anche le problematiche politiche, relative al processo di modernizzazione del Giappone, sono soltanto accennate. Ci troviamo, insomma, di fronte ad un’opera interessante, coraggiosa e originale, benché non perfettamente matura, che non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale  dirompente, pur essendo sostenuta da un robusto impianto teorico.

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