Regia di Gian Paolo Vallati vedi scheda film
Gradevole cocktail di luoghi comuni. Moderna versione della comédie d’amour, sciacquata al punto giusto nel cinismo contemporaneo. La banalità, un attimo prima di degradare in squallore, si infiamma sotto forma di battuta volgare; questo film vi versa sopra un po’ di zucchero, e ce la serve con garbo casereccio, invitandoci ad assaporare il gusto intramontabile della trasgressione fuori tempo massimo, che si sazia di rimpianti e si veste a lutto. Quattro uomini maturi, Rosario, Paolo, Stefano e Raffaele, si confrontano sui rispettivi fallimenti sentimentali, fantasticando sui possibili rimedi. La riflessione, per quanto non alata, conserva comunque l’odore dei sogni di gioventù, di una goliardia invecchiata che non ha però completamente deposto le armi. Il sorriso, se c’è, è deformato dal disincanto, ed è pieno dell’amarezza tipica della mezza età: un tempo sospeso che, da un lato, non vuole mollare la presa della spregiudicatezza, dall’altro non si decide a chiudersi sulle confortanti certezze prodotte dalla vita vissuta. Le donne, dipinte come esemplari di una specie variegata e indecifrabile, sono le prede meravigliosamente irraggiungibili, che sono troppo complicate ed ambiziose per lasciarsi catturare. Nemmeno chi riesce a ridurle a trofei di una vasta collezione può dire di averle veramente fatte sue. Il mondo femminile è una dimensione sfuggente, in cui si può entrare solo a determinate condizioni, per un periodo limitato, accettando di essere sbattuti fuori in conseguenza di uno sbalzo d’umore. I protagonisti sono eccessivamente con i piedi per terra per poter partecipare a quel gioco di farfalle impazzite: sono talmente ancorati alla concretezza da non avere, in fin dei conti, nulla da offrire a parte se stessi. E così si ritrovano a desiderare ciò che non potranno mai possedere, perché chiede molto di più, e cose sempre diverse. L’essere femminile si fa prendere solo per prendere a sua volta, e poi andarsene. Non esiste accordo che tenga, per una creatura eternamente mutevole, che cresce cambiando opinione, partner, lavoro. Le donne sono presenze effimere, perennemente in fuga, dalla stasi o dall’indifferenza, dalla monotonia o dalla stanchezza di un rapporto che non ha saputo rinnovarsi. È il volto inquieto dell’altra metà del cielo, che regge correndo le sorti del mondo: è lei che proclama l’apertura della caccia, che ne stabilisce le regole, ed è sempre lei che ne decreta la fine. Questo film ne rende l’idea con una grande varietà di esempi, e con una sapiente dose di gaie semplificazioni: del resto la caricatura altro non è che verità ridotta all’osso, e alleggerita dal fastidioso peso del dubbio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta