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Too Big to Fail. Il crollo dei giganti

Regia di Curtis Hanson vedi scheda film

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La recensione su Too Big to Fail. Il crollo dei giganti

di Enrique
8 stelle

La HBO conferma ancora una volta la sua attenzione alle produzioni di qualità; è una sua costante (nonostante non abbia mai, d’altro canto, mostrato punte di eccellenza), ma stavolta aveva una motivazione in più. Il mondo intero era stato scosso dalla devastante crisi finanziaria del 2008 (di cui, ormai, si conosce molto bene l’inizio, ma non ancora il momento finale) e questa era originata negli USA. Mentre i politici americani e tutti i vari centri di potere preposti al controllo avevano protratto il loro connivente sonno della ragione (ma il deliberato, ostinato rifiuto di una qualche forma di regolamentazione legittimerebbe, a ben vedere, atti d’accusa ben più draconiani), la sua grande finanza aveva messo una croce (forse indelebile) sull’American dream. Il cinema a stelle e strisce avrebbe, quindi (dopo anni di strisciante, pietoso silenzio, salvo alcune nobili e apprezzabilissime voci fuori dal coro), dovuto fare anch’esso la sua parte “moralizzatrice” e così pure la HBO: scegliendo di raccontare nel dettaglio, passo passo, tutti gli sviluppi di tale crisi, non avrebbe potuto transigere sulla severità dell’approccio. Ebbene, almeno in parte, al suo dovere ha adempiuto. Dalla scelta del cast, di primissimo piano, alla robusta sceneggiatura, davvero splendida - fatta per tenere il ritmo ultra-incalzante, senza far mai scemare la suspence (il che è un paradosso visto il tipo di vicende trattate e il tenore dei dialoghi; di altissima qualità tecnica, ma, certo, non di larga fruibilità) - il film ha tutte le carte in regola per candidarsi a manifesto di un nuovo (ma attualissimo) filone cinematografico: il “docu-financial-thriller” (il taglio documentaristico delle riprese è un trademark HBO praticamente indefettibile), anche se, per certi aspetti, il ciclo dei Wall Street di O.Stone (documentario nei fatti seppur non nella forma) rimane una spanna avanti.
Rimane solo il rimpianto per la durata. Il salvataggio di Goldman Sacks e Bear Stems, da un lato, e la cinica sordità delle banche appena rinvigorite da iniezioni di liquidità (come preconizzano i titoli di coda), dall’altro, fanno da cornice ad una storia talmente assurda e complicata (ma intrigante) che, era evidente, non avrebbe mai potuto essere condensata in un’ora e mezza. Non basta per capire il “perché” si sia arrivati a quel baratro; non basta per capire il “come” uscirne definitivamente (non solo dal punto più turbolento della bufera). Ne è la prova il recente Margin Call. In quel caso più di 100 minuti sono stati (abbastanza ben) spesi per scandire il panico e gli attimi di pura sofferenza provati in poche decine di ore. Too Big to Fail, invece, termina appena ne ha l’occasione (dopo aver offerto una veloce ricognizione dei tentativi governativi di tamponare l’emorragia). Paulson/Bush possono tirare un sospiro di sollievo. (Anche stavolta) la HBO non ci è andata giù pesante. (E` in questi momenti, allora, che si ringrazia Dio per averci dato registi del calibro di O.Stone).

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