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Old Joy

Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film

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La recensione su Old Joy

di mck
8 stelle

Due amici, un cane, una moglie incinta a casa: un recente passato un po' sfilacciatosi, il ricucente presente da vivere, il futuro che incombe, aperto/chiuso su abissi di possibilità...

 

Da “Old Joy” - fotografia di Peter Sillen, documentarista, e musiche di Yo La Tengo e Smokey Hormel - iniziano per Kelly Reichardt (qui come sempre anche autrice del montaggio) due collaborazioni: una, grande, con Jonathan Raymond (“Mildred Pierce” di Todd Haynes, produttore esecutivo di tutti i film della regista) - protrattasi d'allora per altri tre film (“Wendy and Lucy”, “Meek's CutOff” e “Night Moves”), sino a fermarsi per una sosta forzata dato lo sconfinamento nel Montana di Mailey Meloi avvenuto con “Certain Women” -, co-autore dell'omonimo libro...

 

 

...illustrato (immagini di Justine Kurland) da cui la pellicola trae spunto, e un'altra, più piccola, con Will “Bonnie 'Prince' Billy” Oldham (“Matewan”, “the Guatemalan HandShake”, “New Jerusalem”), che qui, affiancato da un ottimo Daniel London, dà prova della sua fine arte di monologhista strafumato/cosmogonico: si pensi ad altri suoi brevi (“Wendy and Lucy”) e intensi (“A Ghost Story”) interventi.

 

 

“Sorrow is nothing but worn out joy.”

Una vecchia gioia che fu, ora logora, consumata: la tristezza è solo questo.

 

 

Ascoltando Radio Popolare lungo la strada che da Portland, Oregon, porta alle Bagby Hot Springs sulle pendici del Mount Hood, vulcano dormiente delle Cascades...

 

 

Alberi in città, verde metropolitano, rifiuti nelle foreste, spazzatura boschiva...

 

 

Kelly Reichardt cesella con fine maestria, in un gioco di sottrazione, il rapporto di forza esistente tra i due protagonisti amici di vecchia data che, in un momento di grandi cambiamenti per l'uno e di stasi immota per l'altro, si ritrovano per questa rimpatriata a guisa d'escursione, accumulando e destreggiandosi tra esplicite evidenze manifeste in sospeso e muliebri sottintesi non detti.

 

 

“I'm in your hands.”

Non so se sia un errore di montaggio, un blooper consapevole o una scelta narrativa, m'ad un certo punto i due co-protagonisti (più il cane di uno di loro, che diverrà anch'esso co-protag. nel successivo “Wendy and Lucy”), circa a metà del loro viaggio, passano per due volte lungo (un punto preciso de) la stessa strada: sulla dx un albero rinsecchito tra gli altri verdi e sulla sx un cartello stradale romboidale.

“I remember that.”

 

 

Momento "Jonathan Franzen", ovvero: birdwatching. S'inizia con un passero (Clay-Colored Sparrow / Spizella pallida), equivalente della nostra Passera Lagia, si prosegue con qualche accipitride a guadagnare quota sfruttando le correnti ascensionali...

 

 

...formantesi nelle strette e profonde valli sui cui fondali - ricchi di prede già bell'e pronte investite e gettate ai bordi delle strade - viaggia l'automobile dei due protagonisti, e...

 

 

...si giunge a una ghiandaia (Steller's Jay / Cyanocitta stelleri), come se la nostra avesse i colori della gazza, del passero solitario e della ghiandaia marina, in compagnia di una grossa limaccia.

 

 

Infine, terminata l'escursione termale, si lascia la foresta e si rientra in città, e poi, fuori campo, “arriva l'alba, o forse no: a volte ciò che sembra alba non è”.     

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