Regia di Lorenzo Garzella, Filippo Macelloni vedi scheda film
Da una frase di Osvaldo Soriano, contenuta nel racconto Il figlio di Butch Cassidy, prende forma l’idea che, in video, la Storia sia più malleabile di quanto non possa essere sui libri, materia immobile e insindacabile. «I Mondiali del 1942 non figurano in nessun libro di Storia, ma si giocarono nella Patagonia argentina». La boutade dello scrittore, nei rivoli delle immagini in movimento, diviene materia per un mockumentary che vorrebbe somigliare a un doc sulla inesistente edizione della Coppa del Mondo. Cinegiornali farloccchi, fotografie fintamente d’epoca, figurine dei partecipanti, addirittura la complicità di pezzi da novanta del calcio quali Jorge Valdano, Roberto Baggio, Gary Lineker e João Havelange: il film scorre tra leggenda e realtà, senza però chiarire del tutto le sue motivazioni di fondo. Quale, infatti, il fine ultimo dell’operazione? Fosse esclusivamente l’inganno, sarebbe fallito in partenza, a causa di enormi incongruenze storico/filmiche e di personaggi oltre la farsesca stilizzazione (un arbitro con la pistola, il poco credibile Conte Otz, il figlio di Butch Cassidy!). In buona fede, crediamo piuttosto che Garzella e Macelloni abbiano voluto riflettere sulla capacità del cinema di produrre e oggettivare miti, trasfigurando la materia storica (il conflitto, il fascismo, i Mondiali di Calcio) per elevarla a uno statuto epico fatto di amori, patriottismo e sfida ai regimi. Anche per questo, provare accondiscendente simpatia per la pellicola è atto istintivo.
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