Regia di Duccio Chiarini vedi scheda film
Delia Ubaldi è nata a Serravalle di Chienti e ha vissuto novant’anni con i piedi sul cruscotto dell’auto. Gli occhi puntati come fari sulla tendenza da afferrare prima che diventasse moda, i modi aspri di chi si è fatta da sola, ripudiando un destino prefabbricato per un’esistenza cucita su misura delle sue ambizioni. Nel frattempo ha avuto un figlio e un atelier, da entrambi si è allontanata perché «il talento le ha procurato grandi ricchezze e il carattere gliele ha fatte perdere tutte». Il nipote ne ripercorre la strada in un doc che ha il pregio della delicatezza e il gusto raro della narrazione antiretorica. Delia, pioniera del pret-à-porter, del divorzio all’italiana e dell’imprenditoria al femminile, è un’incognita in rilievo su un collage di aneddoti favolistici e rancori familiari. Il giovane Duccio Chiarini registra le parole di chi l’ha vissuta come madre assenteista e suocera avvelenata; quindi parla con lei che non nega niente, eccetto il senso di colpa avviluppato tra le pieghe descrittive: la nonna non fa sconti a nessuno, sé compresa, per la volontà di riscatto che ha fagocitato ogni voglia di tenerezza. Eppure quest’ultima compare, sovraimpressa alle immagini di una giovinezza rapace e di una vecchiaia prepotente. Negli occhi fuori campo del bambino che può finalmente collocarla nella Storia: tra la boutique di Beverly Hills frequentata dall’American Gigolo e le piccole cose di rustico gusto sopravvissute a una vita di azzardi.
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