Regia di Robert Aldrich vedi scheda film
Ennesima perla di Aldrich: una caccia cruda e violenta alla base della nazione americana. Il risultato è desolante e non conciliante.
Il west di Aldrich è duro, violento e non conciliatorio. Gli indiani sono come il deserto è inutile interrogarsi del perché, questo è il concetto ineluttabile espresso dal personaggio guida McIntosh/Lancaster. La storia della nazione americana parte quindi da uno scontro inconciliabile con la natura, marcando una differenza netta fra gli indigeni e i conquistatori/coloni. In questo modo le atrocità compiute dai nativi si contestualizzano, perdendo il carattere di crudeltà in chiave antropologica aggiungendo invece un elemento ancestrale che ne ridisegna il significato. L'occidente ormai staccato dal ciclo della natura non può comprendere e se cerca di farlo, l'unico modo è rassegnarsi a constatare e non a giudicare. Poiché non si tratta di chi è meglio di chi, si tratta ormai di due evoluzioni diverse. Aldrich così pianifica uno scontro che è tutto tranne che 'roboante', ma si avvicina ad una partita a scacchi, dove "il primo che compie un errore, raccoglierà i cadaveri", mantenendo allo stesso tempo un ritmo e un climax eccezionali. Il tutto grazie alla classe della regia e del comparto tecnico compreso il cast guidato dalla leggendaria maschera di Lancaster, una sorta di evoluzione dal guascone Joe Erin al disilluso Benjamin Trane/Gary Cooper di Vera Cruz sempre di Aldrich. E non a caso ho citato il clamoroso titolo del 54 per evidenziare l'evoluzione revisionista presente Ulzana's Ride immediatamente successivo allo schianto del sogno hippie e di conseguenza capace di smitizzare il mito del 'buon nativo' da un surrogato autoreferenziale naif-esotico ad una dimensione più coerente di guerrieri inarrestabili plasmati e in sintonia con la loro terra come dei leoni nella savana. Grandi contenuti e grande Cinema. Chapeau!
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