Regia di Silvano Agosti vedi scheda film
Cortometraggio di poco più di un quarto d'ora di durata che lascia parlare liberamente persone sole, malate, alienate.
Tre sezioni compongono idealmente questo corto di Silvano Agosti, da sempre poeta degli emarginati e degli alienati: la vecchiaia abbandonata, la follia e la deformità, la malattia totalmente invalidante. In appena un quarto d'ora o poco più, il regista racconta per immagini tre fra i peggiori abusi che l'uomo può subire: dagli altri uomini, da sè stesso o dal caso che sia. Impressionanti le parole del 'sopravvissuto alla morte', molto incisive per quanto non esattamente a prova di scettico; ancora peggio gli ultimi minuti di pellicola che ritraggono da vicino alcuni freaks incapaci di rendersi perfino conto della presenza di una videocamera. Ma l'operazione di Agosti è naturalmente ben lontana dall'essere gratuita: la pietà che egli prova nei confronti dei suoi oggetti di studio è infinita e anzi, inserendoli nel suo film il regista sta semplicemente esplicitando il suo sentimento di parità nei loro confronti. A guardar bene, l'emarginazione subita da Agosti in quanto cineasta anarchico e provocatorio lo situa in una posizione simile, nell'ambito della cinematografia italiana. 5/10.
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