Regia di Óskar Jónasson vedi scheda film
Quando il cinema nordico si fa cinema d’azione, le emozioni restano fredde, lasciando che sia la tensione ad occupare tutta la scena. Christopher, un ex contrabbandiere che oggi fa il guardiano notturno, e vive sospeso tra i suoi trascorsi criminali e le sue attuali responsabilità di padre di famiglia, diventa il punto in cui convergono tutti i drammi tipici di chi si ritrova in bilico sul confine che separa il bene dal male. Dilemmi del sangue ed esigenze materiali, impegni assunti e ricatti subiti sono gli ingredienti di una suspense che accompagna il crescendo della tragedia, segnando, più che il percorso di una perdizione, la fuga di un individuo che da questa è tenacemente inseguito. Christopher corre, per concedersi un’ultima, breve incursione nell’errore del passato, e poi lasciarselo alle spalle il più rapidamente possibile, prima che la sua vecchia vita arrivi a riprenderlo. Christopher ha bisogno di soldi per trovare una casa per sé, sua moglie e i suoi due bambini, ora che l’appartamento in cui abitano – e per il quale non pagano l’affitto da due mesi – è stato messo in vendita. A pendere, sulla sua testa, ci sono i debiti ufficiali, ma anche quelli sommersi, i conti che, entrando in carcere, non ha più potuto regolare, e che ora gli vengono puntualmente ricordati dai suoi creditori. La sfida è accettare di attraversare il fitto intreccio, con l’intento di uscirne indenne. Riaprire la partita per chiuderla definitivamente: un obiettivo che, nell’ambiente della malavita, suona paradossale, soprattutto se lo si affronta in una situazione di debolezza, sotto la spinta della necessità. Ecco che allora un thriller può nascere dalle sofferte vicissitudini di un antieroe, costretto a mettere in campo fantasia e prontezza di spirito per dribblare gli ostacoli di un viaggio di per sé pericoloso, e per di più cominciato sotto i peggiori auspici: sul suo capo incombe il rischio di un nuovo arresto, e sulla sua famiglia la minaccia di una vendetta da parte dei suoi complici di un tempo. Christopher, mentre si trova a bordo di una nave, sulla quale si è imbarcato per trasportare clandestinamente un carico di alcol da Rotterdam a Reykjavik, deve tenere tutto sotto controllo, sia lì, in alto mare, sia laggiù, sulla terraferma: lì, dove nessun nascondiglio sembra sufficientemente sicuro e il comandante non gli toglie gli occhi di dosso, e laggiù, dove qualcuno sta cercando di far pressione su di lui, colpendolo negli affetti più cari. Una sceneggiatura finemente articolata ed una regia precisa ed attenta fanno sì che quell’equilibrismo si amalgami perfettamente allo sviluppo dell’azione, dando vita ad un flusso pieno di interrogativi rinviati, e realisticamente povero di colpi di scena. Christopher, subito dopo aver intrapreso quella sua sciagurata iniziativa, è assalito dalla consapevolezza di aver nuovamente sbagliato, e gli eventi non cesseranno di tempestarlo di conferme in tal senso. Per lui non ci sarà tregua, come in tutte le battaglie in cui nessuna delle parti è in condizione di recedere: una perché non può, l’altra perché non vuole. La guerra prosegue, spietata, anche quando lui avrebbe intenzione di abbandonare il campo, per salvarsi in extremis dall’imbroglio inatteso in cui si trova impelagato. Le regole del gioco non lo permettono. In questo modo anche la storia potrà continuare a crescere e a complicarsi in maniera naturale, come una valanga che si ingrossa e poi, disgregandosi, si placa, dopo aver travolto e cambiato ogni cosa. Reykjavik-Rotterdam è un noir che affonda i denti nel tessuto della quotidianità, traendo da questa, nel contempo, le motivazioni delle sue imprese ed i limiti alle sue logiche.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta