Regia di Antonio Margheriti vedi scheda film
Lo stile è impeccabile, anche se per l'epoca era sicuramente un po' in ritardo sull'estetica (il '71 è l'anno del primo Dario Argento). Ma non fa nulla, il gioco visivo è apprezzabile anche se soporifero. La storia è così semplice che forse bastava un cortometraggio per raccontarla. In compenso bisogna solo applaudire lo stile rigoroso e professionale di Margheriti che riesce a portare avanti una storia cupa e fondata prevalentemente su ombre e fantasmi.
Ma il vero pezzo forte del film (forse l'unico vero motivo per vederlo una seconda e più volte) sono i primi venti minuti. Un gigantesco e ispiratissimo Klaus Kinski da vita ad uno straordinario Edgar Allan Poe. Mentre nella taverna racconta "Berenice" tocchiamo delle altezze recitative stupende, ed una resa espressiva, grazie ad una MDP che sa dove andare, che ci porta proprio non solo dentro al film, ma dentro allo stesso racconto di Poe/Kinski. Incredibile come quest'uomo possedesse qualità geniali individuabili anche solo in un suo respiro. Un fiato di Kinski vale molto di più di un blockbuster tutto muscoli e bellezze.
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