Regia di Koji Wakamatsu vedi scheda film
Ci sono molti modi per approcciarsi a ciò che il decennio 1960-69 ha significato: nelle sue varie forme un movimento di ideali certamente, ma anche un tentativo di riscatto di una generazione di giovani che vogliono strapparsi alle regole e alla conformità della classe borghese dei loro genitori. Forme ideologiche, ma anche violente, che in molti casi si portano dietro l'angoscia e il turbanto di essere vicini al traguardo per poi cadere nel buio per motivi neanche tanto chiari e per questo ancora più dolorosi da affrontare e impossibili da accettare. L'Estasi Degli Angeli del regista nipponico provocatore Koji Wakamatsu trasforma in disagio violento e sessuale questa voglia di cambiamento fermata e repressa dagli ostacoli quotidiani di una società cieca ai bisogni e alle esigenze che non dovrebbero comprendere solo i giovani ma tutti i membri della stessa società. Chiusi in una stanza, i giovani ribelli fanno fronte ai loro fallimenti, alle loro tensioni e ai loro limiti. Limiti coperti dalla violenza, dal chiasso delle parole che ora in quella stanza perdono ogni significato.
Ricalcando in larga misura gli intenti che quasi dieci anni prima, e manco farlo apposta proprio all'inizio del decennio "rivoluzionario", aveva affrontato Godard nel suo La Cinese, Wakamatsu toglie completamente lo spirito ironico e analitico e trasforma il disagio della sconfitta in puro dramma, terrore e delirio violento, soprattuto mentale e sessuale.
Un film dai grandi significati simbolici che però si chiude nelle sue più strette convinzioni che alla fine formano un circolo vizioso di contenuti profondi ma mal spiegati e proposti che rendono la storia stancante. Un film comunque dal forte pathos, assolutamente distruttivo e diffcile da digerire come nella migliore tradizione Wakamatsu.
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