Regia di Peter Berg vedi scheda film
Film fracassone e muscolare, prodotto dagli stessi della trilogia fortunatissima di Transformers e ispirato a un altro gioco della Hasbro, l’azienda americana creatrice dei giganteschi robot, la vecchia e cara battaglia navale. Il film eredita tutti i punti forti e deboli del cinema spettacolare degli ultimi 15 anni. Schematismo psicologico, semplicità della vicenda, una certa retorica militaresca e una grande cura degli effetti speciali.
Rispetto però al primo capitolo di Transformers, il migliore della serie e rispetto ai film più celebri diretti da Michael Bay, leader indiscusso del genere con titoli come The Rock e Armageddon, il film è molto più debole e inefficace. Il cast è male assortito: il giovanotto protagonista Taylor Kitsch, come già mostrato nel deludente John Carter, è un bel ragazzo a cui manca però il carisma necessario per portarsi sulle spalle un film che, al di là degli effetti speciali, rischia di offrire poco e la sua compagna di set, Brooklyn Decker, non fa meglio: è bella e anonima come una cheerleader qualsiasi e la chimica tra i due non scatta. E anche tra i non protagonisti e i caratteristi si buttano via molte occasioni: Liam Neeson non incide in un ruolo troppo secondario e risaputo e l’ufficiale giapponese interpretato da un bravo attore come Tadanobu Asano, veterano del cinema giapponese d’autore, è sottoutilizzato. La sorpresa, invece, è proprio Rihanna: bella e atletica, ha il physique du role e non fallisce alla prima prova come attrice per il grande schermo. I difetti più gravi del film sono nella sceneggiatura poco equilibrata che in troppi momenti scade nel ridicolo per l’enfasi di certi dialoghi. La storia impiega troppo a partire: tutta la prima parte in cui si dovrebbero presentare i due fratelli, la loro storia pregressa e l’incontro tra Taylor Kitsch e la Decker funziona male girando a vuoto. Troppo artificiosa la ricerca della risata – e Kitsch, non per infierire, ma è assolutamente inverosimile come ragazzo goffo e problematico; inoltre lo script dei fratelli Eric e Jon Hoeber (Red), non spiega nulla del contesto in cui si muovono i due giovani marinai e – il che è peggio – non spende una parola sul passato dei due ragazzi. Si presenta l’incontro poco verosimile tra ragazzo e ragazza in un pub. Stacco, ellissi e si finisce sull’incrociatore a giocare a battaglia navale con gli alieni. Transformersma anche The Rock e Armageddonnonostante quest’ultimo fosse appesantito da una durata eccessiva, funzionarono come film d’intrattenimento a cui non si deve chiedere troppo: perché tutti e tre alternavano azione caotica e umorismo e perché i personaggi, per quanto provvisti di una psicologia elementare, apparivano realistici e vivevano con passione una storia d’amore o con drammaticità problematiche famigliari.
In Battleship tutto questo è azzerato: persino il rapporto schietto e diretto tra i due fratelli si perde per strada o meglio in acqua. Un vero peccato. Sacrificare una storia, per quanto banalissima e povera di svolte e di realismo, per un trionfo di effetti speciali realizzati abusando spesso della computer grafica e della verosimiglianza è sempre un suicidio. Soprattutto quando si offrono allo spettatore immagini e dialoghi che sembrano tanto delle parodie involontarie: la rivincita dei pensionati sulla vecchia Missouri e il loro arrivo ripreso in ralenti ricalcando la famosa scena di Armageddon è un debolissimo e retorico omaggio ai veterani della Seconda Guerra Mondiale e Guerra di Corea e, francamente, fa venire da ridere. E così si ridacchia in tanti altri momenti. Dal regista Peter Berg, l’autore di The Kingdom e Hancock, ci si poteva attendere molto, ma molto di più. Dopo gli 11 minuti dei titoli di coda, piccola sorpresa.
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