Regia di Philippe Faucon vedi scheda film
E' l'analisi di come si diventa un terrorista islamico. In una periferia parigina, abitata da moltissimi immigrati provenienti forse dalle ex colonie o da altri paesi, il personaggio carismatico agli occhi di alcuni giovani è Djamal un giovane reclutatore/indottrinatore di coloro che saranno votati al sacrificio di se stessi nel nome della jihad. Gli altri personaggi sono tre giovani e quello che più vediamo è un ragazzo appartenente ad una famiglia immigrata.
C'è il padre in ospedale, la madre che pulisce gabinetti da qualche parte, una sorella dai costumi occidentali, un fratello fidanzato con una ragazza francese e poi c'è il fratello più piccolo. Questo vuole inserirsi nella società francese e frequenta una scuola per elettricisti ma non trova un tirocinio perché nessuno risponde ai suoi curricoli. Appena vedono il nome non rispondono. Capisce così che non ha speranze, che è un escluso e tale resterà. Su questo terreno Djamal ha facile gioco. Lo indottrinerà, sparirà nella latitanza ed alla fine morirà in un attentato. Tutto previsto. E' un film quasi documentaristico e la cosa che poù mi ha fatto pensare è la capacità di persone di programmare la propria morte in nome di un ideale religioso ed il meccanismo perverso attraverso il quale questo concetto viene inculcato. Alla fine i tre si legheranno al veicolo da lanciare pieno di esplosivi nell'attentato. Il film evidenzia come ci siano altri islamici che (la madre, il prete della moschea, il fratello) che non erano come Djamal. Un film tosto e senza speranze.
(film visto al Centro culturale francese di Palermo, con sottotitoli)
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