Regia di Angelo Pannacciò vedi scheda film
Una sedicenne, figlia di uno sceneggiatore, ha una relazione con un amico del padre. L’estate finisce e la storia pure: lei aveva soltanto deciso che era arrivato il momento di perdere la verginità.
Erano altri tempi, si dirà, era un altro cinema e soprattutto c’era un’altra morale; eppure difficilmente un film potrebbe invecchiare peggio di come ha fatto questo Un’età da sballo. Dagli edonisti, superficiali, fallocentrici anni Ottanta a concetti come ‘femminismo’ e ‘pedofilia’ il passo sembra in effetti lunghissimo, tanto era distante la morale dell’epoca da questioni che sarebbero poi diventate di dominio pubblico in breve tempo, diciamo nel giro di un paio di decenni. Un’età da sballo è un inno al godersi la vita e le minorenni in particolare, un chiaro e preciso invito a ricercare il piacere senza tanto preoccuparsi di quel dettaglio chiamato realtà (e tantomeno di quelle noiose leggi), certo non l’unica pellicola di questa risma ma in ogni caso una delle più dirette in tal senso. Con accenni di psicologia da bar che lasciano rabbrividire (la discussione a tavola su quanto soffrano le loro emozioni gli adolescenti), tesi naturalmente ad ammorbidire i contenuti erotici del lavoro, comunque mai eccessivamente espliciti, la sceneggiatura di Gino Capone è un capolavoro di piattezza: personaggi stereotipati, dialoghi da fotoromanzo, accoppiamenti programmati e gran finale dolceamaro che non spiazza per niente, anzi lascia ancora più perplesso il povero spettatore. La scopiazzatura nell’ambientazione balneare di un successo al botteghino come Sapore di mare, dei fratelli Vanzina, pare peraltro evidente. (Ang)Elo Pannacciò ha diretto una quindicina di pellicole – sempre sul genere pruriginoso – in altrettanti anni fra l’inizio dei Settanta e la metà degli Ottanta; qui ha a disposizione un budget abbastanza ristretto e attori per lo più esordienti o comunque di scarso appeal: Karina Hauser, Antonio Bonifacio, Stefania Rossi, Gloria Bozzola, Stephane Vadim e via elencando verso il più totale anonimato. Date le premesse in incipit si può sorvolare sulla crudità dei contenuti appellandosi a una certa quale ingenuità figlia dei tempi, ma, anche perdonando tutto, il film rimane parecchio trasandato e sconclusionato. 1,5/10.
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