Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Abel Ferrara ipotizza la sua fine del mondo. Il regista statunitense mette in scena un’opera che racconta come cambiano le prospettive nel momento in cui viene preannunciata la data ed addirittura l’ora della propria morte. Non si tratta di una condanna singola, ma di una vera e propria premonizione degli scienziati che ipotizzano la distruzione del mondo, la catastrofi collettiva. Ferrara ci mostra il punto di vista di un singolo uomo, la prospettiva di Sisko (Willem Dafoe), le cui relazioni sociali e le concezioni sull’esistenza cambiano, proprio alla luce della nuova prospettiva di futuro. Ferrara non determina le ragioni dell’apocalisse, né arriva a mostrarne le reali conseguenze: semplicemente si focalizza sulle reazioni degli uomini, sui cambiamenti repentini di prospettiva, sul fatto che la preoccupazioni per l’imminente fine renda perfino silenti le metropoli.
Il punto di vista dell’autore è affidato al talento di Dafoe, che, quasi completamente in interni e con un tempo della narrazione pregnante, rappresenta la reazione di un ex cocainomane, padre disperato, amante focoso, ex marito deluso, che riconsidera i rapporti umani e prende atto del senso della vita. La concentrazione sulle vite dei protagonisti è confermata dalla scelta di musiche esclusivamente intradiegetiche.
L’attesa degli eventi, in una dimensione spazio-temporale densissima, non esperisce l’esperienza del genere umano, come in un film di fantascienza, bensì l’elaborazione sul lato personale, come nei più classici dei film drammatici. Alla riflessività sulla caducità umana di Sisko fa da contraltare Skye, la sua giovane compagna, che sfoga i suoi istinti dipingendo quadri per posteri che non ci saranno. Il finale è troncato sul piano narrativo, ma è una scelta. Tuttavia la luce bianca che pervade lo schermo lascia comunque un segno di speranza, connotando in maniera tutt’altro che negativa la morale del regista.
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