Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Vent'anni fa Luciano Ligabue cantava "A che ora è la fine del mondo" traducendo liberamente un famoso pezzo dei REM di Michael Stipe. Abel Ferrara risponde inconsapevolmente a quel quesito puntando il suo personale orologio sulle 4:44 del titolo. Presentato a Venezia nel 2011, vedo tardivamente questo curioso episodio di cinema d'autore, caratterizzato da uno stile cui ormai ci ha abituati l'autore newyorchese de Il Cattivo Tenente, King of New York e The Addiction, per citare i suoi episodi migliori. Elementi cardine ancora una volta la disperazione, il senso di colpa, la redenzione, la droga, la passione fisica, la religione, la violenza e la vita metropolitana. L'incombente apocalisse annunciata è al centro della scena. Un (quasi) ex tossico e la sua giovane compagna pittrice, in un appartamento connesso al mondo esterno attraverso la modernità di Skype, i citofoni e soprattutto l'onnipresente video televisivo. È la tv il mezzo tramite il quale ci vengono presentati, attraverso un montaggio che saccheggia immagini qua e là, i pensieri di imbonitori, predicatori, Papa, Dalai Lama, le profetiche riflessioni di Al Gore, l'algida professionalità dei mezzobusto dei telegiornali, la cronaca in tempo reale da Grande Fratello con l'eterno scorrere in sovraimpressione dei titoli sensazionalistici. La catastrofe suprema è alle porte è ognuno cerca di vivere il poco tempo rimasto disposizione a modo proprio. La coppia protagonista si stringe in un disperato abbraccio carnale, un rifugio dell'anima che sa di ritorno all'essenziale, di ammissione di finitezza di fronte all'ineluttabile destino dell'uomo, incapace di meritarsi la gestione del pianeta. Madre Terra non perdona. Cinema digitale in libertà, una sorta di monologo da tarda ora, vagamente alterato dalle ossessioni del regista italo-americano, che suona come un'operazione di monito e resa di fronte alla strada già segnata dell'apocalisse. Molti punti interrogativi, qualche frase fatta, un canovaccio su cui cucire in post produzione un'ora e venti di film pillola. Si percepisce la mano di uno che con le immagini e lo schermo ci sa fare. E che se ne frega della sfacciata incompiutezza dell'operazione. Doppiaggio italiano dei protagonisti da mani nei capelli.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta