Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Pasolini diceva: “C’è dentro di me l’idea tragica che contraddice tutto, l’idea della morte…L’unica cosa che dà una grandezza all’uomo è il fatto che muoia”. Ben prima di affrontare l’impegnativa biografia di PPP Abel Ferrara sembra aver applicato queste frasi del poeta friulano nella sua cinematografia, sempre pervasa e attraversata dall’idea ultima della morte e del morire.
4:44 LAST DAY ON EARTH è l’ennesimo film coerente col concetto di cinema indipendente e al contempo si distacca dalle perversioni febbrili dei capolavori anni novanta. Oggi Ferrara è riconciliato con la vita, stavolta la fine del mondo è decisa da altri, da tutti noi che abbiamo maltrattato il pianeta il quale ora è destinato a sparire. Non più la morte individuale dovuta ai sensi di colpa, ai peccati, alle ossessioni letali e agli inevitabili suicidi. Qui il protagonista Cisco è una proiezione del regista stesso che giunto alle ultime ore della sua esistenza si abbandona tra le braccia della compagna Skye che dipinge quasi ininterrottamente una enorme tela stesa sul pavimento del loft in cui vivono. Aggiungendo, ornando e inondando di colori alla Pollock o alla Warhol. Cisco ascolta il flusso di notizie dai network, i santoni amati da Skye e le prediche ormai inutili del Dalai Lama e altri, contatta via skype un gruppo di amici, la figlia lontana e la ex moglie confessando la sua debolezza di sentimenti che manda in tilt per un momento il rapporto con la dolce Skye. La madre di lei ricompone i cocci momentaneamente infranti, non senza lanciarsi in una filippica contro il proibizionismo stupido ed eccessivo degli americani. La coppia accoglie Chung, un ragazzo vietnamita che porta loro un’ultima cena e gli concedono di salutare in maniera straziante i suoi lontani cari. Cisco fugge un attimo dagli amici che un tempo (intuiamo) erano compagni di sbronze e di sballo. Il nuovo Cisco è rinato, ripulito, resiste alle tentazioni stupefacenti di un ultimo buco in nome dell’amore, di un ti amo come ultime parole pronunciate e che forse valgono più di qualsiasi altra cosa. Entrambi sono avvinghiati sul lavoro di lei, l’arte rimarrà per sempre.
Ferrara più che in altre opere mostra l’urgenza di non voler essere dimenticato, nonostante la fine incombente descritta. E anche in conclusione ci vengono in soccorso le parole di Pasolini quando dice: “La morte non è nel poter comunicare ma nel non poter più essere compresi”.
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